Regia di Mauro Bolognini vedi scheda film
Sicuramente uno dei film meno personali di Bolognini, che s’inserisce (lo si intuisce fin dal titolo), buon ultimo, nel filone inaugurato da Petri con Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970). La presenza di Martin Balsam tra i protagonisti rimanda, invece, ad un altro caposaldo del filone del thriller d’impegno politico con implicazioni morali e metafisiche, che è Confessione di un commissario di polizia ad un procuratore della repubblica (1971) di Damiani. Qui l’attore americano recita nella parte di un magistrato che si arrovella se privilegiare i suoi doveri di padre, nei confronti di un figlio ribelle e “sovversivo” o di servitore di uno Stato più o meno patentemente “fascista”, tendente unicamente alla conservazione di sé stesso. La tematica non è delle più consone alle corde espressive di Bolognini, fin troppo succube della sceneggiatura di Ugo Pirro (ed Ugo Liberatore), che inanella tutti i luoghi comuni del genere, compresa una madre (dello studente assassino) isterica, ovviamente interpretata da Valentina Cortese. Il film vale la pena di essere, comunque, visto, anche per non perdersi le poche sequenze significative contenute, come quella dell’obitorio, dove giacciono i cadaveri dello studente e del poliziotto morti negli scontri. Quei due corpi, spogliati di ogni segno identificativo – l’eskimo e la divisa -, stanno ad evidenziare una delle tesi del film, relativa all’inutilità di tanta violenza, di cui spesso fanno le spese innocenti mandati al macello.
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