Regia di Kim Ki-duk vedi scheda film
L'amore ai tempi della plastica facciale, ovvero decadenza di un talento cinematografico moderno. La mancanza d'ispirazione gioca un brutto scherzo a Kim Ki-duk, che tenta il colpo d'ala della trama circolare, per sopperire al vuoto pneumatico di idee portanti, ma soprattutto alla mancanza di una trama adeguata per le sue tesi debolucce. Manca la cura del particolare che il regista coreano aveva saputo mettere in evidenza nelle sue opere più riuscite (solo per dirne una, che potrebbe anche essere un particolare insignificante, ma che secondo me conta eccome: la protagonista si fa rifare la faccia e si fa mettere un neo sul naso?) ed abbondano dialoghi insulsi o falsamente letterari: «Quand'è l'ultima volta che hai pianto?» «Stamattina» «Per un uomo?» «E tu, quand'è l'ultima volta che hai riso?». L'ambientazione è uno sfondo e non partecipa mai all'azione e agli stati d'animo dei personaggi: Seul non è mai stata così anonima e spoglia, quasi fosse una città morta o morente, popolata soltanto di venticinque - trentenni intenti a sorbire caffè regolarmente versati da cameriere goffe.
Un autore che mi era sembrato interessante anche con le sue opere più controverse qui mi delude su tutta la linea, con questo cinema inerte, inopportuno, insignificante, peggiorato da un gruppetto di interpreti di bassissimo livello.
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