Regia di Alexandre Aja vedi scheda film
Quando ci si deve confrontare con un film originale che ha creato un’iconografia precisa e duratura, entrando nell’immaginario mondiale con prepotenza, è difficile ed improbabile fare meglio. Alexandre Aja, bravissimo regista e va detto, clona il seventie di Wes Craven senza ricontestualizzare culturalmente l’attacco inquietante del film di quest’ultimo. Una delle cose più belle del film è la sequenza iniziale, che appunto non esiste nella pellicola del ’77, dove i malcapitati ricercatori militari vengono assaliti brutalmente dal freak più tosto da abbattere. Bellissimi infatti gli affondi con la picozza con cui poi il mostruoso deforme scaraventa i corpi delle vittime di qua e di là. Una plasticità, per altro per tutto il film, che non fa rimpiangere né l’originale del papà di Freddy Kruger, né il film di successo dello stesso regista: “Haute Tension”. Ma finisce tutto qui. Il film si sviluppa poi sulla falsa riga dell’originale, differenziandosi in alcuni snodi e in alcune idee per altro felici. Non felice è addossare al vecchio della gas station la colpa di aver spedito la famigliola nel deserto. Craven era più cattivo e ce li mandava e basta. Felice invece è tutto il segmento western, nel villaggio dei minatori, in cui avviene il confronto finale con echi di “The Texas Chain Saw Massacre”. I freak credo siano stati esposti un po’ troppo, perdendo di efficacia, nonostante il bel trucco di Nicotero. Però va detto che, oltre alla bravura degli interpreti, e soprattutto di quel Dan Byrd che ha protagonizzato in “Mortuary” di Hooper, fallisce l’assalto alle patologie del mondo di oggi. Non c’è un affondo vero e proprio, tutto rimane in superficie. Ma che superficie, però! Fotografia esaltante, colonna sonora azzeccata e incisiva, una mano registica che da sola vale il film (Aja rimane con Rob Zombi e Neil Marshall il miglior regista horror in circolazione). Peccato che il paesaggio è fotografato a distanza. Lo sguardo di Aja non cattura la “minaccia” del luogo come fece magistralmente Wes Craven, ma si ferma ad un gioco più sterile, quasi da diorama, mettendo le pedine di un horror violento e sanguinario su un palcoscenico molto distante dallo spettatore, cosa che non fece con “Haute Tension”. Nonostante questo il film è godibile e da vedere, perchè se non altro destabilizza la quiete cinematografica e sociale generale, opponendo repubblicani tutto Dio e pistola (affascinante la naturalezza con cui il padre Big Bob da la pistola al figlio) a democratici patini, ipocritamente belli e puliti che poi si sporcano di sangue, anche con un certo gusto. Destabilizza anche, e non è poco, il panorama horror delle grandi produzioni hollywoodiane assopitesi dopo il pessimo “The Ring” su quella scia di horror pulitini pulitini che fanno solo paura al box office. Una volta che guadagnano grosse cifre, è un delitto non continuare su quella strada... a detta dei produttori. A detta nostra dovrebbero rinchiudersi in un sanatorio.
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