Regia di Marcello Andrei vedi scheda film
Due storie di amore e morte, basate sulle differenze sociali.
Subito di seguito al buon Un fiocco nero per Deborah (1974), Marcello Andrei gira questo Verginità, titolo ridotto ai minimi termini sia come lunghezza che come argomenti; parzialmente il lavoro è un buco nell’acqua, o per lo meno un deciso passo verso i b-movies scollacciati, regionalistici, barzellettistici dell’epoca. Non poco, in termini negativi naturalmente, per un regista che aveva dimostrato nella precedente pellicola un approccio intellettuale al cinema di genere; la sceneggiatura di questo film parte comunque da una base non banale: è suddivisa in due netti tronconi, infatti, con altrettante storie molto distanti fra loro (geograficamente e storicamente: la prima è ambientata nella Russia del diciannovesimo secolo, la seconda nella Sicilia degli anni Settanta del ventesimo), entrambe basate sull’inevitabile binomio amore e morte. Proprio perché già tanto sviscerati, i temi forse avrebbero meritato migliori sviluppi, o per lo meno qualche idea originale innestata qua e là: e invece la visione di Verginità è piuttosto piatta e sonnolenta, di tanto in tanto ridestata nel secondo episodio da qualche scossa inopinatamente comica. Nel cast: Franca Gonella, Dagmar Lassander, Gianni Musy, Angela Goodwin, Annabella Incontrera ed Enrico Maria Salerno, che illumina lo schermo – specie in un contesto tanto modesto in termini di budget e di idee – ogni qual volta vi compare. Coproduzione italobulgara con copione del regista e di Piero Regnoli, con la collaborazione di Alvaro Fabrizi e Luigi Emmanuele; Andrei procederà in ogni caso spedito verso la successiva regia, Il tempo degli assassini (1975). 3/10.
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