Regia di Gianni Da Campo vedi scheda film
Una storia delicata, ma narrativamente solida, di una poesia verosimile e a tratti perfino brutale, pregna di grandi aspettative deluse, tematiche scabrose come la pedofilia oppure ostiche come il paragone fra il legame paterno e quello dell'insegnante verso i suoi studenti; un nucleo di idee molto semplici e ben ordinate, di facile leggibilità ed esposte con una chiarezza che talvolta lascia perfino dubitare che la storia voglia di proposito nasconderci qualcosa nella sua eccessiva linearità. Il sapore del grano è il terzo lungometraggio di Gianni Da Campo, cineasta 'quasi per sbaglio', prestato alla macchina da presa alla fine degli anni Sessanta e immediatamente dopo, un paio di pellicole pressochè inosservate più tardi, ritornato all'insegnamento da cui proveniva. Sedici anni sono trascorsi fra il secondo e il terzo film: anche in questa occasione Da Campo si è ritrovato 'suo malgrado' a doversi esprimere con il cinema e di nuovo mostra come le sue prepotenti velleità letterarie (il regista è anche sceneggiatore) sovrastino qualsiasi urgenza estetica; il risultato è un film gradevole e minimale, ma dai contenuti tutt'altro che scontati. Il cast - sia tecnico che artistico - è composto da nomi semisconosciuti eccettuato quello di Marina Vlady; l'algido, acerbo protagonista Lorenzo Lena aveva preso parte a un paio di pellicole di Salvatore Samperi e, in quello stesso 1986, a Via Montenapoleone di Carlo Vanzina: Il sapore del grano sarà la sua ultima prova sul set. Anche per Da Campo, ed è un vero peccato. 4,5/10.
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