Regia di James Gartner vedi scheda film
Texas, metà anni ’60. Il basket è uno sport in piena espansione, e il paese è diviso dalla discriminazione razziale. Don Haskins, allenatore tutto d’un pezzo, chiamato alla panchina dei Texas Western, squadra del Ncca, il campionato universitario, incurante dei pregiudizi, mette insieme una formazione composta quasi interamente da giocatori di colore. Perché il suo obiettivo è vincere e basta. E ce la farà, scalzando la squadra dall’anonimato, combattendo i pregiudizi della comunità e stabilendo un record dal valore ben superiore a quello agonistico. Uno “sport drama” fatto e finito, ispirato a fatti veri, anzi, storici, secondo la tradizione più classica del genere. Avvinghiato alla potenza di una colonna sonora filologica, ispirato a un’estetica da “Sports Illustrated”, carico d’emozioni ed enfasi retorica. Il tipico prodotto in cui il meritevole intento di riscoprire un episodio poco noto della storia sportiva e civile di un paese schiaccia col peso della sua prevedibilità e autoreferenzialità lo spirito di un filone che invece dovrebbe fare dell’imprevedibilità e del paradosso la sua chiave vincente. Non a caso il claim del film è “winning changes everything”, anche se si insiste costantemente sul fatto che i ragazzi non si stanno giocando solo il campionato e che quello che conta non è il talento, ma il cuore. Un colpo al cerchio e uno alla botte. E una buona palestra, si scusi il gioco di parole, per l’esordiente Gartner, una pellicola innocua per serate estive troppo calde per raggiungere il campo e fare due tiri.
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