Regia di Mark Levin vedi scheda film
Forse il titolo italiano è troppo generico, forse non rende giustizia a questo piccolo film fortemente americano – anzi, newyorkese – ma profondamente universale. Si capisce dunque che si parla di una storia d’amore ambientata sullo sfondo di Manhattan. Ma non è solo cartolina, mera pubblicità, come dice l’ingenerosa critica di FilmTV. La città tanto cara a Woody Allen diventa terza protagonista di un racconto di formazione sentimentale che vede al centro della scena il giovanissimo – undici anni – Gabe, figlio di genitori separati e aspirante alla cintura gialla di karatè e la ragazzina verso la quale egli prova un sentimento che probabilmente è amore, Rosemary – di pochi mesi più grande, ma a quell’età questi piccoli particolari contano, eccome. Lui vorrebbe confessarglielo, ma la timidezza è notevole, nonostante la spigliatezza con la quale si pone e la disinvoltura che manifesta. Sogna di conquistarla, soffre perché ignorato, se la prende con l’ipotetico rivale, si rompe una mano prima dell’esame decisivo di karatè. E lei deve partire per il campo estivo. Oh no! È forse la fine di un amore. Ma non di uno qualsiasi: del primo amore. È un film tenerissimo e anche amaro, perché riesce a coinvolgere tutti, senza discussioni: ognuno di noi ha vissuto un primo amore contrastato da se stessi e dai propri pudori, ognuno di noi non ha probabilmente mai rivelato il proprio sentimento ad un’altra persona, ognuno di noi ha sofferto per i piccoli patemi dell’amore. In questo film sentimentale a misura di bambino – tutto è dolcemente infantile, anche la Grande Mela si presta al gioco mostrando il suo lato di sé più gioioso e fresco – l’amore è visto per quel che è, un sentimento che non sempre corrisponde alle nostre aspettative e che ci provoca inevitabili patimenti. Eppure quest’amarezza soffusa è ingraziata da un tocco di magica simpatia, di morbida positività, di nobile bontà, nonostante la spietatezza con la quale viene affrontata la sfera amorosa. La rapidità del film permette una visione veloce e piacevole, e i due giovannissimi protagonisti si registrano perfetti, in particolar modo il magnifico Josh Hutcherson, che dimostra una genuina maturità recitativa più sviluppata rispetto alla sua effettiva età. Finalmente un piccolo attore che non fa smorfie e che non viene coinvolto in progetti buonisti. Perché, se andiamo a scavare bene, “Innamorarsi a Manhattan” è un film anche crudele.
Molto newyorkese, malinconica e sentimentale.
Voto: 7.
Molto bene.
Molto bene.
Molto bene.
Molto bene.
Perfetta.
Magnifico. Dimostra una genuina maturità recitativa più sviluppata rispetto alla sua effettiva età. Finalmente un piccolo attore che non fa smorfie e che non viene coinvolto in progetti buonisti. Siamo tutti con Gabe, perché in lui ci identifichiamo senza se e senza ma, perché anche noi, almeno una volta, ci siamo ritrovati nelle sue stesse condizioni.
Agile e rapida.
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