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L'imperatore di Roma

Regia di Nico D'Alessandria vedi scheda film

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La recensione su L'imperatore di Roma

di sasso67
8 stelle

Accattone (1961), Matti da slegare (1975), Amore tossico (1983), film per vari aspetti molto diversi tra loro, costituiscono dei precedenti assai attinenti per il lungometraggio di D'Alessandria. Dove si osservano pedissequamente, quasi come in un film teorizzato da Zavattini, le peregrinazioni di Gerry Robertini (Gerardo Sperandini, che interpreta praticamente sé stesso), malato psichiatrico, alcolista e tossicodipendente, che nella Roma di fine anni Ottanta, cerca disperatamente di sopravvivere mediante espedienti, pur dovendo amaramente riconoscere che la città non è più quella di una volta: «oggi per tirà su mille lire, tocca menà 'na vecchietta...». Il film d'esordio di Pasolini viene citato con una fuga in motocicletta che si conclude, come quella di Franco Citti, all'imboccatura di un ponte sul Tevere, anche se il nostro Gerry, meno tragicamente, se ne va imprecando contro la moto. Il padre di Gerry lo segue per i negozi e i bar del quartiere, per ripianare i buffi (i debiti) che il figlio vi lascia.

Le camminate di Gerry che chiede con sfacciataggine ai passanti le vecchie cento lire (a chi rifiuta, egli dice sarcasticamente «che, sei uscito senza sòrdi?») rimandano al film maledetto di Claudio Callegari, mentre il Gerry legato al letto dopo avere passeggiato per Roma completamente nudo, ricorda l'opera simbolo del cinema basagliano, a suo tempo diretto da Bellocchio, Agosti, Rulli e Petraglia. Come i film citati, anche L'imperatore di Roma costituisce un esperimento più unico che raro nel panorama cinematografico italiano. Anche in questa ostentata originalità consiste il valore di un lavoro povero (fotografato in bianco e nero) che è stato dimenticato troppo presto e troppo pervicacemente.

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