Regia di Nico D'Alessandria vedi scheda film
“L’imperatore di Roma”, pellicola indipendente del 1987 dalla regia di Nico D’Alessandria, è uno di quei film che difficilmente vedrete in prima serata su italia 1; potrete sperare semmai di trovarvelo alle due e mezza a Fuori Orario su Rai presentato da Ghezzi (quello con quella malattia che lo fa parlare fuori sincro). Nico D’Alessandria (del quale ho appreso di recente la morte, eterno riposo per lui) era un regista indie romano (per indie intendo indipendente, non immaginatevelo suonare in una cover band dei Franz Ferdinand), e “l’imperatore di Roma” è stato il suo film d’esordio, girato in cinque anni senza spenderci quasi una lira su una pellicola economicissima che si fece mandare apposta dalla Germania dell’est.
Gerry, protagonista del film, è un malato di mente, alcolista e tossicodipendente con esperienze di manicomio che, durante tutto il film, gira per le strade di Roma guardando la capitale dal suo punto di vista di emarginato sociale. Ma chi era in realtà Gerardo Sperandini, l’attore che impersonava Gerry, in quest’esempio del neo-realismo di Nico D’Alessandria? Era sempre lo stesso tizio che vedevamo nel film. Già, perché D’Alessandria, come aveva fatto Caligari con Amore Tossico quattro anni prima, ha voluto usare un vero emarginato per la parte del protagonista. Se così non fosse stato dubito che si sarebbe realizzato il film. Gerry e Nico hanno vissuto assieme per tutto il tempo delle riprese, visto che gli era stato affidato dall’ospedale psichiatrico dove era internato e lasciarlo per cavoli suoi significava un rischio.
L’inizio del film già ci fa capire che budget ci sia dietro e quanto sia forte il desiderio del regista di creare un kolossal. I titoli d’apertura, infatti, sono scritti, credo, con una matita su alcuni fogli di carta o su dei muri. La prima scena ci mostra Gerry che chiacchiera sul lungotevere con un suo amico detto “Il Professore”, che ha la stessa voce di quelli che imitano Berlusconi senza saper fare le imitazioni. Cicalano di cavolate sul vivere a a Torre Maura o a Tor Tre Teste. Intanto si ubriacano bevendo in maniera platealmente finta da una bottigliona di vino… vuota! Bloopers a volontà per il cinema indipendente! Finiscono di bere la bottiglia già vuota e Gerry la lancia nel Tevere (il cui colore nel 1987 non è per noi ora individuabile tramite questa pellicola, poiché essa, è in bianco e nero). “Lanciamo un messaggio!” dice Gerry.
Le musiche di sottofondo ricordano quelle di Amore Tossico per il fastidio che danno, ma ogni tanto qui si cambia pure. C’è per quasi tutto il film “We Can’t Remember” di un gruppo del nord italia che si chiamano i Tan Zero, poi ogni tanto c’è Gerry che si sente Battisti o i Pink Floyd.
Il film è stato originariamente girato senza audio. È stato poi doppiato in maniera cagnesca. A mio avviso Nico D’Alessandria a scelto questo stile di doppiaggio “canis mentula” apposta, per dire “oh, è indipendente!”.
Dubito assai che il doppiatore di Gerry sia lo stesso Gerry, anche perché mi pare quasi che sia la stessa voce che doppia il padre di Gerry, un tracagnotto romano che cammina storto.
Nella sequenza in cui Gerry chiede 100£ ai passanti (non facenti parte del cast), il doppiatore va proprio per gli affari suoi, parla quando Gerry non ha nessuno davanti, tace quando Gerry muove la bocca e gesticola con un signore mentre gli chiede le elemosina… insomma, indipendente! Credo poi che con la scena delle 100£ ai passanti Nico si sia rifatto dei soldi spesi per girare “L’Imperatore Di Roma”.
Il film seguita con le lunghe camminate di Gerry lungo via dei Fori Imperiali, all’interno del Colosseo, sulla riva del Tevere dove viene picchiato (con un realismo alla “Forum”) da tre ragazzetti. Poi ci sono i suoi monologhi, con una ragazza che non sa da dove spunti fuori. Credo sia una prostituta che non parla mai, sta lì a rappresentare l’orecchio dello spettatore ai consigli di vita del povero Gerry che ci spiega che facendo il pappone ci si beccano sei anni di galera, e lui le donne non le sfrutta. In più ci dice che Roma è tosta, che bisogna stare lontani dalla chetamina, che ha iniziato a farsi d’eroina a 12 anni e che a Amsterdam “te poi fa er metadone e non te dicono niente!”. Poi ruba le mutande alla mignotta e le getta nel Colosseo guadagnandosi uno sganassone da parte della mignotta. In una scena lo vediamo completamente ignudo in giro per Roma e nella scena dopo lo vediamo in manicomio legato al letto “infermieri, slegatemi, infermieri, slegatemi, infermieri, slegatemi, infermieri, slegatemi, infermieri, slegatemi, infermieri, slegatemi, infermieri, slegatemi, infermieri, slegatemi, infermieri, slegatemi, infermieri, slegatemi, infermieri, slegatemi, infermieri, slegatemi” cantilena Gerry, sempre col suo doppiaggio in perfetta sincronia. “infermieri, slegatemi, infermieri, slegatemi, infermieri, slegatemi, infermieri, slegatemi”, infine entra un infermiere, lo guarda e alla fine… …stringe meglio i nodi… “infermieri, slegatemi, infermieri, slegatemi”, dalla porta della sua stanza in manicomio vede il “professore” l’amico suo che parla come l’imitazione fatta male di Berlusconi. Gli chiede di slegarlo ma pure lui, bruciatissimo” fa avanti e indietro nel corridoio del manicomio dicendo “permette signorina? Scusi, eh… permette signorina? Scusi, eh… permette signorina? Scusi, eh… permette signorina? Scusi, eh…” poi però alla fine lo slega e lui va via. Dentro casa Gerry fuma mentre pensa d’averla fatta franca, si guarda allo specchio e dice “anvedi quanto so’ fico!” (sta scena dura un dieci minuti abbondanti), intanto i genitori nell’altra stanza parlano della sua condizione. Lui accende la radio, ascolta i Pink Floyd e si mette a mimare un chitarrista. ‘ndipendentissimo!
Il film è indubbiamente interessante, va certamente visto con lo spirito giusto, il rischio di collassate sulla poltrona/sedia/divano è altissimo, ma con la dovuta concentrazione si possono seguire le varie sequenze sconnesse della vita di questo disadattato di nome Gerry, questo antieroe capitolino, questo Umberto D. eroinomane degli anni 80, questo alcolista che sogna di diventare un imperatore e conclude il film con un suo monologo interiore utopistico del tipo “i giovani se potranno bucà, noi potremmo suonare le nostre canzoni…e mi fìo… a me!”. Insomma, a volte non ci si capisce molto. La sceneggiatura tiene sempre conto del fatto che a parlare è un malato di mente ma la confusione si avvisa anche in tutto ciò che gli accade attorno. “L’Imperatore Di Roma” è un film amarissimo, a fine film lui viene picchiato da un sosia di Carletto Mazzone perché era entrato in un pullman privato, durante la pellicola lui scrive una lettera tristissima ad una sua “fidanzata” che non lo vuole più vedere e che non si fa trovare al telefono… insomma ‘na vera disgrazia… atroce! Che aggettivi dare ad un film sull’emarginazione come puù essere “L’Imperatore Di Roma”? mmh… enigmatico, neorealista, nichilista, perturbante… no, facciamo così… pasoliniano!
Sapevo che Nico D’Alessandria (che mo è morto, così come Gerry molto tempo prima) recentemente avesse aperto una specie di bred & berakfast a Roma… pensa un po’. Ho anche saputo di gente che si è vista due volte di seguito questo film, questo veramente lo trovo strano… però può accadere, preferisco però Amore Tossico; in questo “imperatore” ci trovo forse un po’ troppa presunzione da cineasta… comunque valido esordio, lodevole l’intento! Voto? 6+
“infermieri, slegatemi!”
VL
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