Il peso rappresentato dal senso di responsabilità, pressante come un macigno, ha da sempre costituito il punto nevralgico per il campione di baseball Jimmy Piersall (Anthony Perkins), atleta plasmato dalla perseveranza di un padre appassionato di quello sport (un mastino dal naso storto e schiacciato come Karl Malden), e desideroso più di ogni altra mira che il suo ragazzo assurgesse alla qualifica di campione.
Le fasi della ascesa del campione subiscono alti e bassi, con contraccolpi sia di natura fisica, sia soprattutto per problematiche di carattere psicologico, causate per la maggior parte dalla tensione psicologica che la pur valida presenza paterna esercita sul campione, causandogli scompensi caratteriali e gravi turbe psicologiche. Un brillante e saggio psichiatra riuscirà a far ritrovare allo sportivo quella serenità e quell'equilibrio smarritosi a seguito di anni di devozione ed obbedienza nei confronti della soverchiante figura paterna.
Sotto la direzione del solido ed affidabile cineasta de Il buio oltre la siepe, Robert Mulligan, Prigioniero della paura riesce a sondare con cura bene tra le pieghe di una mente plagiata e offuscata da una tensione emotiva in grado di disintegrare il campione, riducendolo alla stregua di un colosso d'argilla.
Nella scelta del valido cast, meglio non poteva andare nella scelta del protagonista, individuando Perkins come il miglior individuo in grado di rendere palpabile la tensione psicologica che anima e tormenta il protagonista. Per il giovane divo, si tratta di un primo, fondamentale passo che lo porterà ad aggiudicarsi il ruolo "fatale" di Norman Bates di Psyco, al confronto del quale le nevrosi del nostro campione sportivo solo davvero poca cosa.
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