Regia di Luigi Comencini vedi scheda film
Nell’antologia filmografica di Totò ci sono alcuni titoli di ambientazione esotica che danno un tocco ancora più eccentrico alla comicità del principe. Già di per sé originale, non solo mimica e gestuale, soprattutto verbale e giocata sull’iperbole linguistica. TOTO’ SCEICCO, TOTO’ FIFA E ARENA e L’IMPERATORE DI CAPRI. Quest’ultimo non venne diretto dai soliti (a cavallo di quegli anni) Mario Mattoli e Carlo L. Brigaglia ma da un giovanissimo Luigi Comencini (alla seconda regia) che più tardi diverrà uno dei nomi più importanti del cinema italiano. I film d’evasione di Totò che riempivano le sale dei cinema e i nostri pomeriggi televisivi estivi non avevano grandi pretese se non quella di far divertire. Compito non semplice in qualsiasi epoca.
Su un soggetto scritto da Teresa Ricci Bartolini e Gino De Santis e sviluppato dalla coppia di umoristi Metz e Marchesi più Comencini, l’attore partenopeo improvvisa e si muove con la consueta disinvoltura in una farsa di buon livello. Il modesto cameriere Antonio De Fazio tiranneggiato e controllato a vista da una moglie schiava di fioretti, da una suocera ultrabigotta e da un “mezzo cognato” pettegolo e spione sogna di essere l’Imperatore Tiberio nell’isola di Capri. Passa in rassegna una serie di schiave per poi scegliere Sonia una slava giunonica e dai capelli biondi. Svegliato dalla moglie Antonio che va a letto vestito “il tempo è moneta…a che cosa vale spogliarsi la sera quando bisogna rivestirsi al mattino!?”, lavora al Grand Hotel dove viene scambiato per il Gran Bey di Agapur. Questi è un principe indiano appena giunto a Napoli e in partenza per Capri, Sonia Bulgarov ha l’incarico di sedurlo ma scambia Antonio per il Bey dandogli appuntamento nell’isola dei Faraglioni. De Fazio, innamorato della donna, insieme all’amico attore Asdrubale si reca sul luogo “rubando” il motoscafo e i bagagli del facoltoso indiano. Calatosi perfettamente nella parte il Bey Antonio De Fazio fa una serie di incontri bizzarri: un tizio che si spaccia per il profeta Geremia il quale lo intima di pentirsi e Totò: “…di cosa mi devo pentire se non ho ancora fatto niente!?”; la funerea baronessa Von Krapfen; Emanuela una brasileira tutta fuego; ancora Sonia prima armata di scudiscio e poi nuovamente seduttrice; gli “esistenzialisti di Capri” Dodo della Baggina, Bubi di Primaporta e Pupetto Turacciolo “…Turacciolo, Turacciolo questo nome non mi è nuovo” che lo eleggono Mister Capri ovvero il nuovo Tiberio ma Antonio dovrà fare i conti con moglie, suocera e il vero Bey. Totò furoreggia, infila una battuta dietro l’altra coadiuvato dalla sua spalla preferita Mario Castellani (in versione ossigenata) attore serio e disoccupato “con il pisello”, la zeppola. “Dai retta a me, tu ti devi futilizzare, futilizzati!”. L’attrice regina dei melodrammi strappalacrime di Matarazzo Yvonne Sanson appare negli inediti panni di femme fatale Sonia Bulgarov (una Anita Ekberg ante litteram), in realtà l’attrice era di origine greca e qui recita (forse per l’unica volta nella sua carriera) con la sua vera voce, tra l’altro molto sensuale. Di contorno Galeazzo Benti (anche aiuto regista), Nerio Bernardi, Aldo Giuffrè, Alda Mangini e il marito portoghese Pietro Tordi (“è portoghese…non paga!”), Marisa Merlini alla quale scappa un sorriso quando durante un alterco in tedesco con il maggiordomo Enrico Glori viene interrotto da Totò con un “Ribbentropp! Kesserling!”. Comencini (che non ricordava con molto piacere l’esperienza forse perché limitativa per la sua creatività) dirige sicuro e deciso la comicità astratta, surreale e un po’ irriverente di Antonio De Curtis che apre e chiude il film rivolgendosi direttamente agli spettatori. Un’empatia che col passare del tempo continua, “fa d’uopo! Perbacco e perdinci pure”.
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