Regia di Pietro Germi vedi scheda film
Sergio, primo violinista in un'orchestra, è sposato e ha due figlie e un figlio con Giulia; a loro insaputa ha un'amante da anni, Adele, con cui ha avuto altri due bambini. L'uomo riesce a destreggiarsi abilmente fra le due famiglie, almeno fino a quando incontra la giovane e fatale Marisa, che ben presto mette incinta.
L'immorale è l'opera meno nota della filmografia, fitta di pellicole e di successi, di Pietro Germi. Inevitabilmente viene da chiedersi quali siano state le ragioni per l'accoglienza titubante da parte della critica, quella ancor più fredda del pubblico e per la rimozione quasi immediata del titolo dalla storia della cinematografia nazionale. La risposta sembrerebbe più semplice del previsto: nel 1967 parlare con questi toni aperti e in forma scanzonata di poligamia - dileggiando l'atteggiamento della chiesa su adulterio e divorzio - era francamente eccessivo. Non basta perciò il David di Donatello assegnato giustamente a un magistrale Ugo Tognazzi; non bastano neppure i suoi degnissimi comprimari, a partire dal prete confuso Gigi Ballista per arrivare al tris di donne formato da Stefania Sandrelli (giovanissima, già celeberrima proprio grazie a Germi - Divorzio all'italiana, 1961); Renée Longarini (nota al pubblico come presenza televisiva; negli anni successivi lo sarà ancora di più grazie alla trasmissione Portobello) e Maria Grazia Carmassi (la meno convincente del trio, alla sua prima e unica esperienza sul set); non basta la sceneggiatura firmata dal regista, da Tullio Pinelli, da Alfredo Giannetti e da Carlo Bernari, magari non un trionfo di originalità, ma un meccanismo assolutamente ben congegnato, con qualche momento leggero godibilissimo e non privo di implicazioni sociologiche al passo con i tempi. Niente da fare, insomma: L'immorale non poteva sfuggire alla maledizione di una censura sotterranea, che ha costretto il film a scomparire prematuramente dalla circolazione; tutto ciò con un sospiro di sollievo da parte di Vittorio De Sica, alla cui manifesta bigamia, è noto, la pellicola si ispira. Germi si è sempre saputo dividere fra opere drammatiche e altre più leggere, riversando comunque in queste ultime un certo carico di satira, di riflessione sociale, di impegno; L'immorale non fa eccezione e le sue apparenti sembianze di commedia di costume o, meglio ancora, "all'italiana" sono ben presto spazzate via dalle problematiche ostiche tirate in ballo e dalla esplicita volontà del copione di criticare (forse, qui sta il limite principale del film, in maniera poco costruttiva) l'intoccabile istituzione-sacramento del matrimonio. Volendo cercare affinità con lavori contemporanei, si possono sottolineare legami più o meno evidenti nel finale nero con L'ape regina di Marco Ferreri, in cui compariva ancora Tognazzi; nella figura ingenua e irrisolta affidata alla Sandrelli con quella della protagonista de Io la conoscevo bene di Antonio Pietrangeli; e, già meno scontato, nei toni agrodolci dei flussi di coscienza di Masini/Tognazzi con quelli del Mastroianni di 8 e 1/2 (Fellini), incapace di scegliere e desideroso soltanto di amare e di essere amato senza ferire nessuno. 6/10.
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