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Le nostre sorelle di danza

Regia di Harry Beaumont vedi scheda film

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La recensione su Le nostre sorelle di danza

di FABIO1971
6 stelle

Our Dancing Daughters, straordinario trionfo ai botteghini americani dell'autunno del 1928, accomuna la protagonista Joan Crawford e il regista Harry Beaumont nella rispettiva scalata verso il successo: a dire il vero, a dare la scossa definitiva alle loro carriere contribuirono anche i felici riscontri commerciali di Amore e mare (Across to Singapore) di William Nigh, nel caso dell'attrice, e di Amore di re (Forbidden Hours) per il regista, entrambi realizzati pochi mesi prima, ma sarà a partire da questo atipico melò, sospeso sul triplo registro della commedia brillante, svagata e leggera come una bolla di sapone, il musical e il melodramma, che l'allora ventiquattrenne attrice, subito gratificata da un contratto di tre anni con la MGM, iniziò ad affrancarsi dai piccoli ruoli da ballerina che avevano contraddistinto i suoi primi exploit a Hollywood per lanciarsi a velocità vorticosa nel firmamento delle star (fortuna che arrise, seppur in misura minore, al regista Harry Beaumont, che l'anno successivo sbancò nuovamente il box office con La canzone di Broadway, vincendo anche l'Oscar come miglior film). Le tre protagoniste sono Diana (Joan Crawford), Ann (Anita Page) e Beatrice (Dorothy Sebastian), introdotte ognuna da un primo piano delle gambe o dei piedi: sono giovani, belle e pronte a scalare l'alta società alla ricerca dell'uomo dei loro sogni. Dopo i divertenti siparietti iniziali tra Joan Crawford e i suoi genitori, ovvero Dorothy Cumming, che interpreta la madre ("Sto andando allo Yacht Club, ci vediamo verso l'alba") e Huntley Gordon, il padre ("Tu e la mamma ricordatevi di tornare a casa prima di me, papà"), seguiti da quelli tra Dorothy Sebastian e i suoi ("E soprattutto, Beatrice, se sento su di te la puzza anche solo di una sigaretta, puoi scordarti la paghetta!", la apostrofa la madre), iniziano a dipanarsi le schermaglie amorose tra le tre protagoniste e i loro pretendenti: Norman (Nils Asther) ama Beatrice; la disinibita e alcolizzata Ann, che è corteggiata da Freddie (Edward J. Nugent), il fratello di Beatrice ("Non preoccuparti, mamma, non sposerò mai Freddie: non è abbastanza ricco!", confida alla madre), ama il gentiluomo milionario Ben Blaine (Johnny Mack Brown), di cui è invaghita anche Diana. Ma Ben, convinto erroneamente di non essere ricambiato da Diana, finisce per sposare Ann: sarà poi un destino avverso (per senso di giustizia o spietata crudeltà?) a far precipitare la vicenda nel dramma. Sorretto dalla sceneggiatura di ferro firmata da Josephine Lovett (che guadagnò una nomination all'Oscar, come anche la fotografia, firmata da George Barnes), che sparge in egual misura melassa e pathos sulle conturbanti evoluzioni amorose della trama, tra sequenze pruriginose, balli scatenati (il film, muto, era comunque stato sincronizzato con una colonna sonora jazz di standard dell'epoca) e scenografie sfarzose (curate dal grande Cedric Gibbons), Our Dancing Daughters getta uno sguardo tutt'altro che edulcorato sulla "charleston generation" (con una memorabile sequenza in cui Joan Crawford balla proprio a ritmo di charleston) dei ricchi californiani alla fine dei ruggenti Twenties, tratteggiando con frequenti punture di spillo le superficialità morali e sentimentali, l'edonismo, l'ostentazione del lusso e le abitudini disinvolte del loro dorato universo all'ultima moda. Naturalmente lo spessore della critica di costume rimane di modesta entità, pur sempre inscritto nei canoni stilistici dei fiammeggianti e stucchevoli melò dell'epoca d'oro del muto, ma l'improvviso ribaltamento drammaturgico del finale, alimentato e governato da un senso del ritmo di trascinante forza e coinvolgimento (il montaggio, non a caso, venne affidato al William Hamilton che lavorerà in seguito per Hitchcock), che esplode nella scena madre in cui Anita Page, completamente ubriaca, precipita dalle scale, rende l'happy end che lo sigilla tutt'altro che consolatorio. Lo strepitoso successo del film (oltre un milione di dollari di incassi raggranellati in giro per il mondo) convinse la MGM a produrre due sequel, coinvolgendo ancora Joan Crawford e Anita Page in Our Modern Maidens (Ragazze americane), diretto da Jack Conway nel 1929 e Our Blushing Brides, del 1930 e ancora di Beaumont.

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