Regia di Robert Altman vedi scheda film
Il titolo originale invariato ed invariabile è il sigillo alla confezione dell'Altman più imprevedibile ed impalpabile, compositore di un puzzle che si completa all'ultima inquadratura in cui compaiono o per meglio dire appaiono poche figure ma una sola grande protagonista, rarefatte certezze e molte impressioni, immagini soprattutto, tante immagini tenute insieme da una tagliente schizofrenia che scaturisce ad intervalli irregolari dalla mente di una inquietante e splendida Susannah York fautrice del racconto che il suo doppio Kathy sta scrivendo, cercando la purezza e l'equilibrio naturale dell'unicorno si allontana attimo dopo attimo dalla sua proiezione nella realtà generando fantasmi del passato e ossessioni mai sopite mentre cerca disperatamente l'armonia con il suo uomo, sbagliato forse, caratterialmente banale con le sue barzellette infantili ma comunque più malleabile e comprensibile di quelle immagini del passato e del trapassato che si aggirano negli angoli più oscuri della sua mente, nelle camere nascoste della sua casa di città, nel suo cottage spettrale immerso nella campagna dell'Enniskerry o che forse è solo una proiezione del suo luogo di pace dove immancabilmente tutto si sdoppia o per meglio dire si raddoppia.
Kathy stessa combatte con la sua immagine riflessa di una Kathy viziosa, disinibita, aggressiva, nuda e pronta da scopare li sul posto con un bel po di su e giù ma robusto, però quell'immagine duplicata è anche pericolosa: come ogni cosa bella più pericolosa, incontrollabile ed ingestibile è e più la sua materializzazione suscita fascino e terrore.
La chiave di lettura di questo singolarissimo film è proprio l'inquietudine perché dovendolo classificare in maniera forzata in un genere direi proprio che l'horror psicologico potrebbe essere appropriato, ma in realtà nonostante l'incontrollabile surrealismo e l'eccentricità della trama "Images" è un film dell'Altman più creativo della sua contraddittoria carriera che negli anni settanta è caratterizzata da una striscia fluorescente di magiche pellicole artisticamente indiscutibili in cui il suo appeal inventivo è irresistibile, in questo caso le influenze del free cinema e della nouvelle vogue sono binari su cui far scorrere lo script basato sulla novella della York, strepitosa nella sua performance e puntuale consigliera in fase di ripresa, il resto lo fa Altman incastrando i suoi frames proprio come i pezzetti di un puzzle soprattutto nelle numerose sequenze in cui i personaggi con cui la York sta parlando mutano la loro forma attraverso il montaggio, elegante e fluida la sua regia con i piedi piantati al suolo ed allo stesso tempo capace di far viaggiare la mente grazie alla perfetta alchimia delle sue riprese ravvicinate sui volti ed i luoghi d'azione e la musica ipnotica da atmosfera thriller di John Williams non ancora divo ma capace di sfruttare al meglio i campioni sonori di Stomu Yamashita tanto quanto Altman ha sfruttato al meglio la fotografia di Vilmos Zsigmond.
Il colore del film è mantenuto costantemente sui toni opachi delle foglie secche cadute in autunno sotto un cielo oscurato dalle nuvole dalle quali il sole spunta di rado, gli interni sono quasi sempre privi di luce elettrica tanto che gli ambienti sono spesso illuminati dalla luce che filtra dalle finestre mentre l'immagine più ricorrente dall'esterno del cottage è quella con le finestre illuminate che gli danno una sfumatura stregata, la luce elettrica invece si accende sovente con gli insani sbalzi umorali del personaggio di Kathy che è valso alla York una strameritata Palma d'Oro.
Gli affezionati di Altman del periodo d'oro non possono mancare la visione gli altri potrebbero trovarlo troppo cerebrale ed irrisolto, personalmente non nego che è pellicola per le mie palle....visive.
Molto brava e molto sensuale nella sua posa nuda integrale.
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