Regia di Robert Sparr vedi scheda film
1891. Cain esce dal carcere dopo aver scontato una condanna a 18 anni di reclusione per oltre dieci omicidi, commessi per varie motivazioni, dallo scatto d'ira all'assassinio su commissione. Il carcere lo ha cambiato, egli disdegna l'uso delle armi ed è intenzionato, per vivere, a lavorare duramente ed onestamente. Ma se Cain ha dimenticato il passato, viceversa non è avvenuto; ciò lo conduce alla rovina. Western "crepuscolare" diretto dal regista statunitense Robert Sparr, "Meglio Morto Che Vivo" racconta la storia di "Killer Cain", un uomo di mezza età il quale, trascorsa quasi la metà della vita in carcere, ne esce molto cambiato, ed in tempi in una certa misura diversi. Al regista preme analizzare il rapporto che intercorre tra le metamorfosi, occorse nel lasso di tempo coincidente con la reclusione del protagonista, di natura umana e sociale. Partendo da quest'ultima, la sceneggiatura ci dà rapidamente conto di come il West sia, in vent'anni, cambiato. Nel 1873, esso è ancora una "terra di conquista". I conflitti con i nativi non sono terminati; militari controllano con difficoltà il territorio; avventurieri di ogni sorta spadroneggiano; le questioni personali sono, in carenza di istituzioni preposte, regolate con le armi, senza troppo curarsi delle conseguenze. In questo contesto, a seguito di un'infanzia di disagi ed abbandono, agisce Cain. Abile con la pistola e più furbo dell'avversario del momento, uccide diverse persone prima di essere fermato. Mentre egli è in cella - allontanato, dunque, da quella società violenta e competitiva - matura, cresce, riflette e si pente. Nel momento del rilascio, ha sostituito, presumiamo in autonomia, una scala di valori con un'altra. E' pronto a reinserirsi in una società che immagina essere molto cambiata. Nessuno porta più la pistola; il radicarsi delle istituzioni consente uno sviluppo pacifico dell'economia e delle relazioni tra persone. Del vecchio West sono rimasti il mito, nonchè alcune vestigia. Una "città fantasma", l'ammirazione e la curiosità della gente, in particolare, per "Killer Cain", una fama non voluta, la quale gli aliena la fiducia e la simpatia delle popolazioni della regione e gli impedisce di costruire una nuova vita. Riceve l'interessato aiuto di un anziano, Ruffalo, il quale porta di città in città uno spettacolo dedicato alla rievocazione degli anni passati, con esposizione di cimeli di dubbia originalità - tra essi, uno è di certo reale, la pistola che utilizzò Cain per uccidere - e prove di abilità con le armi. Con Ruffalo collabora Billy Valence, un giovane molto bravo con la pistola ma intriso di superbia e totalmente privo di sangue freddo. Entrato Cain nel gruppo, ed impugnata di nuovo e contro voglia la pistola, ad esclusivo scopo di dar spettacolo, il ragazzo matura sentimenti contrastanti; prima ammirazione, poi invidia e spirito di emulazione nei confronti di un uomo che egli considera una leggenda, ma il quale non ha alcun interesse ad ... esser tale. Il montante odio di Billy per Cain conduce ad una tragedia; il protagonista mai perde il controllo della situazione o cede alla tentazione di usare armi di fuoco per uccidere. Si lega, infine, ad una donna, Monica, benestante pittrice proveniente dall'Est, insieme alla quale si prepara a condurre una vita ritirata e felice. Ma ancora una volta, il suo passato, nelle vesti di uno spregiudicato giovanotto, gli presenta il conto. L'individuo, un sedicente avvocato dall'aspetto rassicurante, lo uccide a tradimento, portando in tal modo a compimento una vendetta. Cain, un "gigante buono" in grado di difendersi con proporzionalità dai molti attacchi cui è oggetto, è interpretato da Clint Walter. Vincent Price è Ruffalo, affarista ed imbonitore che ha il pregio di essere sincero e non nascondere la propria avidità. Anne Francis è Monica, la donna, poco coinvolta nelle vicende "locali", la quale offre a Cain la possibilità di avere una nuova vita. Paul Hampton interpreta lo spocchioso, loquace, insipido ed immorale Billy Valence; Mike Henry interpreta il personaggio di Luke Santee, il quale, insieme a Cain e Valence, è protagonista delle più intense sequenze del film. Santee è un anziano ex-sceriffo il quale ebbe vita e carriera rovinate a seguito di una sconfitta in uno scontro con il protagonista. Vistolo in libertà, lo affronta in armi. Cain non accetta la sfida e riesce a chiudere la questione a parole; Billy invita prima l'uno, poi l'altro, a far fuoco, così come ritiene debbano fare gli "eroi" di un tempo (in realtà trovatisi l'uno contro l'altro quasi per caso). I due, personaggi di ben maggiore spessore, lo invitano con durezza a tacere. Il ritmo del film è lento; le sequenze di azione sono poche e non tra quelle fondamentali. L'epilogo induce indubbiamente amarezza; immagino che lo sceneggiatore, anche con questa scelta, abbia voluto rivolgere una critica alla "nuova" società del West. Nel passato violenze, sopraffazioni, pericoli erano perfettamente riconoscibili; ci si affrontava a viso aperto e senza troppi complimenti. Venti anni dopo le migliorate condizioni di vita, la rinuncia al portare armi, l'ottimismo verso il futuro, non hanno eliminato il male; esso serpeggia, in forma di incomprensioni, gelosie, ipocrisie ... e giunge a colpire, subdolo ed imprevisto. Da qui, una valutazione decisamente pessimista. Un buon western, valido non tanto a fini di intrattenimento quanto per la coerenza delle analisi sociale ed umana che conduce.
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Meglio vivo che...morto...grazie Federico
A te. Saluti !
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