Regia di Patricia Rozema vedi scheda film
Camera d'Or al Festival di Cannes 1987 (o comunque vincitore del Premio Opera prima) e manifesto, assieme al quasi coetaneo Cuori nel deserto (in realtà dell'85) del cinema lesbico finalmente dichiarato, “Ho sentito le sirene cantare” era al centro di una certa mia curiosità da tempo (lo ricordo ancora in timida uscita pure in sala qui da noi). Ritrovarlo alle ZeFestival ha costituito il coronamento di questo mio desiderio: anche se, a dirla tutta, un certo senso di delusione non riesco a tenerlo dentro di me.
Le vicende di una tenera, timida lavoratrice interinale appassionata di fotografia, finita a lavorare come segretaria per una avvenente gallerista con neppure troppo celate velleità d'artista nonostante sia una frana con la macchina per scrivere, viene certo raccontata con un espediente narrativo sin complesso (un film nel film in cui la protagonista si riprende in una confessione intima che intervalla la vicenda) e con una naturalezza ed un candore che possono in qualche modo colpire anche a livello di sentimento. Tuttavia il film, visto quasi trent'anni dopo la sua uscita, dimostra più anni di quanti ne conti effettivamente e tradisce una sua smaccata puerilità di fondo nella realizzazione, che contrasta nettamente con le ambizioni di una trama quasi complessa o comunque a dir poco ambiziosa.
Polly infatti è un gran personaggio: trentenne candida sino a rasentare la strafottenza, non si ferma davanti allo shock di trovarsi non corrisposta di fronte all'attrazione che ella prova per la propria avvenente datrice di lavoro, ma finisce persino per smascherarne l'autenticità di artista, sino ad una zuffa finale con cui il film sfiora la tragedia.
Chi è veramente Polly? L'angelo della verità, la voce candida della coscienza? Certo è stato per Sheila Mc Carthy il personaggio così pittoresco, quasi caricaturale, che e' servito come trampolino di lancio ed opportunità per raggiungere il successo e persino Hollywood, poco dopo.
Può essere, ma il film, anche a voler tener conto del suo essere un'opera prima, della tenerezza di un personaggio insieme fragile ma anche risoluto e schietto, appare, almeno dal punto di vista tecnico, inesorabilmente troppo casereccio, approssimativo e posticcio per poter rivestire il ruolo di pietra miliare o manifesto di un certo genere di cinema o di causa.
Che poi esso in fondo lo sia, buon per lui.
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