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Grandi affari - Big Business

Regia di James W. Horne, Leo McCarey vedi scheda film

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La recensione su Grandi affari - Big Business

di mck
10 stelle

Sia lode ora a uomini di fama.

Ai tempi della Fame: Big Business!  

 

 

Nel 1929, in sincronia col Crollo del Capitale (umano) e lo scoppio della bolla immobiliare e poi di speculazione finanziaria sui derivati

 

-[io ti vendo un'assicurazione sulla casa, la salute, la vita e l'impresa e ti presto dei soldi liquidi e sonanti e spero con tutto il cuore che la tua casa bruci, che tu ti ammali e muoia (ci saranno sempre i tuoi familiari) e la tua attività lavorativaziendale fallisca per rilevarne le ceneri - tue, della tua casa e della tua azienda ( in quest'ultimo caso metaforiche: mi basta lo scheletro dell'edificio o anche solo il lotto di terreno ri-edificabile) - e che tu non riesca a restituirmi neanch'e nemmeno un centesimo degl'interessi (sugl'interessi) e poi Guadagno sulla tua rovina ed il tuo collasso, magari proprio interferendo nel corso delle cose allo stato dell'arte spingendo, proponendo, innestando, speculando, intervenendo in-direttamente per far si che proprio questo avvenga, pignorandoti l'anima e il sangue, la carne del tuo stesso corpo e lo spazio - vestiti, mura, affetto, cibo, calore, informazione-cultura-interesse (l'altro significato, quello vero) - che ti circonda proteggendo(ti) e consentendo la tua dignità]-,

 

Stan Laurel, Oliver Hardy, James W. Horne alla regia e Leo McCarey alla sceneggiatura e supervisione (7 anni prima che James Agee e Walker Evans iniziassero a pensare e poi a costruire il loro viaggio nella Grande Depressione che sarà loro pubblicato solo altri 5 anni dopo) si danno, in effetti come sempre, tra fantasmagoriche eredità subito compromesse, lavori improbabili ed arzigogolati, arruolamenti forzati come equipaggio o legionari eccetera eccetera, ai grandi affari: dal trillinar d'un campanello d'uscio allo spoglio deaghizzante d'un alberello natalizio all'ombra del palmizio, dall'involare il cappello con uno sbuffo alla DEMOLIZIONE del simbolo per eccellenza del capitale, della modernità, della Domanda di status sociale upper - (quo ante-c-cedente) che non vede perchè non guarda perchè non sa di dover guardare e se lo sapesse non saprebbe vedere ciò che il capitale gli sta per far capitare -, ovvero l'evoluzione ventennale di quel primo Modello T fordiano (duna, multipla, kadett, materia, il duster della dacia, la uno o era la punto fiat: "Tettuccio? Apribile! Le ruote? O.K.!": questi si che sono Mad(ison Avenue) Man!) che adesso giace implosa sbudellata in una scomposta rappresentazione di un disastro esposto sotto al sole sull'asfalto.    

 

Qui sotto il cortometraggio (''muto'' all'origine) presentato in due, tra le molte, differenti versioni della colonna sonora: la prima, classica, del dopoguerra, e la seconda, recentissima, registrata in presa diretta (e difatti in sottofondo si sentono le risate del pubblico presente in sala durante la proiezione + esibizione dal vivo). Per finire, poi, con un ritorno sul luogo del disastro (visita guidata by locationpix).   

 

Qui di seguito invece un giro su Google Street View: http://www.laurelandhardy.org/locations.htm

 

Alcune recenti (1) speculazioni >>> osservazioni della neurobiologia indicano >>> suggeriscono che il nostro cervello >>> il nostro io acquisisce la consapevolezza delle nostre intenzioni (reazione ad uno stimolo esterno: sollevare un bicchiere d'acqua, rispondere ad un saluto, premere un grilletto) solo DOPO che il comando neurochimicoelettrico è partito dal cervello fino al nervo che fa scattare e smuovere il muscolo: io la vedo così (?!%#@!?) : come l'hard disc di un computer è suddiviso in (C:) e (D:) ecco che il nostro io corrisponde a (D:), la parte succedanea e derivata, mentre è (C:) che in-consciamente considera, elabora, agisce: noi crediamo di essere liberi di possedere il libero arbitrio, ma siamo "solo" una risultanza, un'espressione, un magazzino delle informazioni elaborate da una coscienza-consapevolezza (un sapere con-diviso) più profonda ed "aliena". Stanlio e Ollio reagiscono a "baffone"/J. Finlayson proprio come previsto dall'osservatore-creatore esterno: lo sceneggiatore, il regista e loro stessi sul set: se tutti noi avessimo un briciolo della loro ir-responsabilità...!

 

(1) DeCaro-Lavazza-Sartori - "Siamo davvero liberi? Le neuroscienze e il mistero del libero arbitrio" - Codice ed. - 2010  

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