Regia di Paolo Spinola vedi scheda film
Piera è una donna realizzata: sposata con un marito benestante, ha un figlio e una buona posizione sociale. Ciononostante, sente che qualcosa non va in lei e comincia a sottoporsi a sedute di psicanalisi. Ma l'unica cosa che le sembra giovare è una nuova amicizia, quella con Luisa.
Esordio alla regia per Paolo Spinola, che con una sceneggiatura di Sergio Amidei (con la collaborazione del professor Piero Bellanova, così suggeriscono i titoli di testa) indaga coraggiosamente il male oscuro della depressione. Un tema ostico, specie per un debutto, ma che si confà alla vena autoriale del regista: freddo - fors'anche troppo - nelle descrizioni, Spinola punta al dramma senza tentare in alcun modo di spettacolarizzarlo; l'esemplificazione perfetta di questo suo atteggiamento sta nella tragica conclusione della storia, glissata in maniera clamorosa nelle immagini e raccontata verbalmente. Uno stile che, specie in quel periodo, non può che richiamare alla mente quello di Antonioni, peraltro evocato anche dalla scelta di una protagonista femminile; e, pur non essendo la Vitti (musa del regista ferrarese), Giovanna Ralli se la cava molto bene ne La fuga, tanto da aggiudicarsi meritatamente un Nastro d'argento (l'unico per la pellicola). Al suo fianco altri solidi interpreti come Enrico Maria Salerno, Anouk Aimèe, Paul Guers, Maurizio Arena; anche i collaboratori tecnici sono pescati fra l'eccellenza di Cinecittà di quei tempi (e di sempre, verrebbe da dire): Baragli-Gherardi-Piccioni-Gatti (montaggio-scene-musiche-fotografia, rispettivamente). Il risultato è un'opera complessa più nella confezione che nei contenuti; oltre a certi sopra citati eccessi di 'gelo' formale, infatti, va imputata al film una mancanza di volontà nell'approfondimento della materia trattata: è superficiale chiudere una storia dai risvolti tanto ampi liquidando il tutto con una generica colpa genitoriale. Spinola tornerà due anni più tardi con L'estate. 5,5/10.
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