Regia di Martin Ritt vedi scheda film
Bisogna scomodare qualche ermeneuta all'altezza di Gadamer per capire le ragioni per cui Hud il selvaggio viene considerato uno dei migliori film di Martin Ritt. Va bene il racconto del tramonto della civiltà contadina, epitomizzato nella scena in cui una mandria di vacche viene ammassata in una fossa e sterminata a fucilate; vanno bene anche i dissidi familiari e va bene pure la parabola umana di un playboy trentenne (Newman) che alla fine non riesce a distillare una sola goccia d'affetto né dall'anziano padre (Douglas), né dal nipote (De Wilde), che pure lo ammirava, né dalla governante (Neal). Ma menarla per quasi due ore su una storia imperniata sull'afta epizootica delle vacche non è il massimo della trovata narrativa e tanto la bravura di Newman, quanto i dialoghi scoppiettanti e lo splendido bianco e nero non riescono a dare sufficiente smalto al film.
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