Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
In questa fase della carriera registica di Eastwood bisogna distinguere con chiarezza due cose: cioè che il suo principale pregio è quello di una maestria narrativa impressionante, la capacità di smuovere gli animi del pubblico anche con pochissimo; e che il suo difetto insormontabile è la continua ricerca dell'effetto patetico, un vero e proprio gusto tutto americano del luogo comune. Basti ascoltare i dialoghi per capire perfettamente che cosa si intende dire: frasi fatte a iosa, un cumulo di stereotipi, momenti inequivocabilmente imbarazzanti per la loro disarmante banalità. Detto ciò, si gusti Honkytonk man come una parabola esistenziale che ci racconta in parallelo di due fasi contrapposte della vita: l'iniziazione del ragazzino e la conclusione dell'uomo maturo, fasi che, pure, fra loro hanno molto da comunicarsi e da insegnarsi reciprocamente. Ed inoltre, come non concedersi il piacere dell'ascolto della manciata di ottimi pezzi country suonati durante il film (domanda talmente retorica da non meritare neppure il punto interrogativo). A tratti toccante, in altri indisponente: 6/10.
Un malaticcio cantante country sconosciuto, da sempre sull'orlo del baratro a causa di una grave propensione verso la bottiglia, si reca a Nashville per il provino della vita. Lungo la strada raccoglie il nipote adolescente: per quest'ultimo sarà un percorso di iniziazione alla vita, ma per il primo, che pure trionferà al traguardo, sarà solo l'ultima tappa.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta