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I duri non ballano

Regia di Norman Mailer vedi scheda film

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La recensione su I duri non ballano

di alan smithee
5 stelle

PERSI A VENT’ANNI AL CINEMA…RECUPERATI TRENT’ANNI DOPO…IN RETE

Provincetown, Stato del Massachusetts, Usa - pieni anni '80: un ex spacciatore che tenta di riciclarsi come scrittore, si risveglia da uno stato comatoso e si ritrova in casa l'anziano padre, che lo informa di essere il principale accusato dell'omicidio di due donne, ritrovate entrambe cadavere e senza la testa.

L'uomo, che soffre di una forte amnesia che gli concede sprazzi di lucidità, tenta di scagionarsi dalla pesante accusa, sino al momento in cui riesce per caso a ritrovare entrambe le teste mozzate, e scoprendo che una di esse appartiene alla moglie.

Ma mentre il padre gli crede, l'ispettore di polizia Regency tenta in tutti i modi di incastrare il nostro uomo, che nel frattempo si è invaghito di una bellissima donna di origine italiana, che in qualche modo, ma non immotivatamente, ha deciso di far incrociare la sua strada con quella tortuosa e tutta curve mortali, del nostro uomo.

Dal romanzo omonimo scritto da Norman Mailer, una delle più acute, spregiudicate e violente voci narrative della letteratura made in Usa del '900, lo stesso autore (fenomeno raro ma non inusuale, come fece pure Stephen King per il suo interessante ma non memorabile "Brivido") trae sceneggiatura e dirige l'adattamento cinematografico, che vede, in veste di produttore esecutivo, addirittura il nome altisonante di Francis Ford Coppola, mentre in quello di produttori-finanziatori, quello dei due  famigerati produttori di serie "ultra B" Golan/Globus della Cannon.

Un film presentato a Cannes fuori concorso nel 1987, con un cast forte di nomi belli e celebri come Ryan O'Neil e Isabella Rossellini, e le musiche magniloquenti e di grande effetto scenico ad opera di Angelo Badalamenti, di cui si persero completamente le tracce, nonostante il richiamo dell'autore e dell'opera letteraria stessa, che divise, ma che fece molto scalpore in quegli anni.

Mailer non sfigura in regia quando si tratta di puntare sul rimando della suspence, ma il film appare bislacco e contorto, decisamente più intricato e complesso  del libro che invece appare più diretto, sincero, violento e attanagliante di questa patinata trasposizione; che guarda all'ambiente, alla ricostruzione minuziosa di ambienti  popolati da gente sporca e cattiva, senza scrupoli, violenta e repressa a stento nei suoi scatti d'ira incontrollati.

Di certo il film non riesce a comunicare tutto il disagio ed il ribrezzo che la pagina scritta riesce ad evocare o ricreare nel lettore che non si arrende e prosegue la sua lettura sino alla conclusione. Anzi il film, di cui non esiste - che io sappia - alcuna versione anche solo sottotitolata in italiano -  appare troppo parlato, discorsivo, popolato da una ciurma di brutti sporchi e cattivi che diventa presto occasione per abbandonarsi a macchiette o secondi ruoli eccentrici ed eccessivi.

Belli come in una soap eccessiva e spesso kitch, i due innamorati protagonisti (Ryan O'Neil e Isabella Rossellini, belli a vedersi assieme), si concedono un finale sontuoso e sopra le righe in tono con il contesto decadente e ridondante che intende descrivere una società benestante che vive a caro prezzo l'omertà del marcio su cui campano tutti o quasi i suoi membri che contano.

Atteso inutilmente in sala a fine anni '80, il film non è mai stato distribuito in nessun formato nel nostro paese, ed è reperibile in rete solo in versione originale o ispanica.

Una delusione rispetto al romanzo? Certamente si, per mancanza di ritmo, suspence, tensione, ma questa trasposizione si fa comunque volere piuttosto bene se ci si lascia sguazzare nel kitch "confettoso" e senza ritegno con cui vengono ritratti i molti personaggi che, da protagonisti o di mero contorno, contribuiscono a dare un senso a quell'apparente serafica calma che nasconde ed isola un sottofondo di violenza e corruzione decisamente senza possibilità di redenzione.

Mailer sembra quasi voglia auto-censurarsi, risparmiando allo spettatore tutto l'orrore e la violenza sadica che invece trasuda dall'opera letteraria scritta solo due anni prima rispetto alla trasposizione.

La risata sadica che chiude l'ultima scena, dimostra tuttavia un pertinente, inevitabile senso di ironia, se non proprio sarcasmo denigratorio verso una società viziata ed il suo mondo marcescente e putrido, che ha animato il grande narratore in questa sua insolita prima (e pure ultima) esperienza diretta nel mondo del cinema.

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