Regia di Blake Edwards vedi scheda film
Blake Edwards negli anni Sessanta è stato un regista di punta della commedia hollywoodiana, che colse i suoi più grandi successi con “Colazione da Tiffany” e “La pantera rosa”, e quando girò questo “The party” col suo attore preferito Peter Sellers probabilmente era in vena di sperimentare qualcosa di molto diverso dalle pellicole precedenti, un film che riprendeva il burlesque dell’epoca del muto inserendolo in una cornice naturalmente diversa, ma dove la forza delle gag tornava ad essere sovrana. E’ un film senza una vera e propria trama, che ricorda molto il cinema di Jacques Tati tanto che alcuni lo vedono come un’estensione di alcune sequenze di “Playtime”: devo dire che le somiglianze ci sono eccome, ma non credo che Edwards abbia copiato il film del grande comico francese perché le due pellicole uscirono quasi in contemporanea, dunque è più verosimile pensare che Edwards abbia fatto un omaggio alla comicità di Tati sulla base di film precedenti, ma escluderei decisamente l’ipotesi di plagio. Il regista lascia la massima libertà a Sellers, qui indimenticabile nella parte di un figurante indiano che crea guai a catena prima su un set e poi durante una lunga festa dove si trova per sbaglio, e che finirà in un’atmosfera sovversiva tipicamente sessantottina contro certi capisaldi del consumismo, anticipando la deflagrazione ancor più radicale di “Zabriskie point” di Antonioni. Il ritmo è sapientemente lento, con parentesi gustose come gli intermezzi con la francesina Claudine Longet, uno dei pochi personaggi a cui è riservato un qualche spessore psicologico, con l’highlight della canzone “Nothing to lose” che dimostra ancora una volta la bravura del compositore Henry Mancini, in tempi in cui l’uso delle canzoni originali nei film era ancora moderato. Certo, alcune gag sono anche fin troppo ripetute, come quella del cameriere che si ubriaca, ma in generale il film sfoggia un’intelligenza nella scrittura e nella realizzazione visiva tutta in un solo ambiente, che strappa l’applauso e lo pone senz’altro fra le migliori opere del regista. Si ride di gusto, le unghiate satiriche contro lo strapotere dei produttori hollywoodiani funzionano, Sellers si scatena con un controllo dei tempi comici invidiabile, da vero mattatore dello schermo.
Voto 9/10
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