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Il diavolo nel cervello

Regia di Sergio Sollima vedi scheda film

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La recensione su Il diavolo nel cervello

di maso
8 stelle

Intrigante giallo psicologico che sfrutta al meglio una sceneggiatura molto ben scritta in cui i flashback non sono stati inseriti per ambizioni virtuosistiche da parte di Sollima ma sono funzionali allo sviluppo dell'intreccio giallo e la definizione del carattere dei personaggi che come ci vuole indicare la mano protesa nella locandina sono sei figure che girano intorno a degli interrogativi o per meglio dire sono loro stessi degli interrogativi.
Oscar ritorna al suo paese natale, presumibilmente sulle rive del lago di Como, dopo essersi arricchito all'estero e cerca subito di incontrare una sua vecchia amica di cui è ancora innamorato, ma Sandra che è di famiglia ricca e nobile sembra soffrire di strane amnesie e turbe psichiche legate ad un tragico episodio che ha causato la morte di Fabrizio Graces suo marito e l'allontanamento di Ricky, suo unico figlio, un bambino che apparentemente sembra avere strane manie ludiche, macabre e viloente tanto che la ragazza ne è pesantemente turbata al punto di non riconoscerlo.
Oscar con l'aiuto del saggio dottor Bontempi intraprende un indagine per rimettere insieme i pezzetti del puzzle andati perduti nel corso degli anni e cercare di fare chiarezza sulle cause che hanno portato Sandra ad essere una ragazza che sembra avere un diavolo nel cervello, perchè nonostante sia disposta ad accettare l'affetto di Oscar c'è qualcosa di più oscuro nascosto sotto l'apparenza di ognuno dei personaggi che la circondano e non le permette di tornare ad essere la ragazza dolce e spensierata che era prima del tragico misfatto che ha causato la morte di Fabrizio.
Sollima dirige bene i suoi attori e riprende presente e passato con efficace uniformità tanto che a volte si rimane in sospeso prima di capire se stiamo assistendo ad un flashback o all'attualità del racconto in più ha sfruttato al meglio le belle locations altolombarde e la musica di Morricone, utiizzata al minimo sindacale e non come in altri film del periodo per riempire buchi di sceneggiatura.
I difetti più grossi del film sono legati a due fattori: l'atmosfera che è sicuramente misteriosa ma non troppo spaventevole a parte una bella intuizione di Sollima nel finale, credo che questo elemento si potesse amplificare ma non è neanche troppo necessario ai fini della riuscita del film, l'altro è Stefania Sandrelli: bellissima come in pochi altri film ma a mio avviso non in parte, è discreta nelle scene in cui deve esprimere la catatonia del suo personaggio ma è pessima quando deve lasciarsi andare a crisi isteriche e mollare gli ormeggi.
Un applauso finale lo faccio a Keir Dullea che interpreta Oscar: sembra non risentire affatto di essere l'unico anglofono del cast, ha recitato con la proverbiale oculatezza fino ai momenti in cui deve esprimere l'inquietudine del suo prsonaggio e credo che Sollima non lo scelse per caso, sta di fatto che recita in inglese in un cast quasi del tutto italiano senza sbavature e senza inciampi o entrate fuori tempo anche qundo il regista non può evitare le insidie di un dialogo in cui i due interlocutori dicono le battute meccanicamente.
Meriterebbe di essere pubblicato in DVD essendo uno dei migliori gialli italiani degli anni settanta.

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