Regia di Vincente Minnelli vedi scheda film
La scena grazie a cui Un americano a Parigi è entrato nella storia del cinema è il lungo balletto di 17 minuti nel pre-finale coreografato da Gene Kelly: una geniale sinfonia di movimento acrobatico, colore, reminiscenze pittoriche impressioniste, costumi sgargianti e carrellate spettacolari, il tutto in qualche modo influenzato dallo splendido balletto analogo di The red shoes di Powell e Pressburger, uscito tre anni prima. Come brano di cinema e lezione di regia e coreografia è impressionante, ma rischia di essere un brano da antologia un po' avulso dal resto del film, una commedia musicale dalla sceneggiatura non proprio eccezionale, con una rappresentazione della Francia e dei francesi tipica del cosiddetto "cinema turistico" e una storia d'amore al centro della vicenda un po' scontata (Leslie Caron si innamora del pittore americano squattrinato ma è legata da un debito di riconoscenza ad un altro uomo, per cui prova affetto ma non amore). Per quanto riguarda gli altri numeri musicali, la qualità resta senz'altro più che buona, in particolare nel balletto coi bambini per le strade "I got rythm" con un Kelly scatenato, nell'eccentrico "I'll build a stairway to paradise" cantato da Georges Guetary e nel ballo in riva alla Senna dei due innamorati, mentre la scena goliardica di Oscar Levant che sogna di suonare tutti gli strumenti di un'orchestra è simpatica ma non memorabile. Fra gli attori Leslie Caron fa un debutto coi fiocchi, Gene Kelly è ancora nel pieno del suo talento, mentre i personaggi secondari sono forse più sbiaditi, in particolare la ricca americana di Nina Foch. Sei Oscar fra cui Miglior film e un grande successo per un musical ancora molto piacevole, ma probabilmente un gradino al di sotto rispetto ai veri capolavori di Gene Kelly che sono Un giorno a New York e soprattutto Cantando sotto la pioggia.
Voto 8/10
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