Regia di George Stevens vedi scheda film
Bellissimo film, intenso, delicato, divertente e commovente, in cui ciascuno di questi elementi lega benissimo con gli altri. Quando ci decideremo a inserire George Stevens nell'albo dei grandi registi? Qui racconta la storia di un matrimonio come tanti altri, con tutte le gioie e le sofferenze che sempre porta la vita, e intona insieme un canto di speranza, un inno alla resistenza nelle avversità, poiché essa, se dura abbastanza, viene sempre coronata dalla vittoria. La coppia in particolare, benché spesso compromessa da questo e da quello, deve tenere duro e ricominciare sempre di nuovo. Gettare la spugna è sempre una scelta non obbligata, un gesto di disfattismo, di cinismo e di vigliaccheria. Il film parla in particolare del dramma di non potere aver figli, dei figli adottati, e da tutto quanto è collegato a queste situazioni. Quante volte, oppressi dalla stanchezza e dalla disperazione, vogliamo mollare tutto? Poi magari basta riascoltare dei dischi e ripercorrere le tappe di quell'amore per capire che lo scoraggiamento presente in fondo è solo suggestione e che un matrimonio non si può e non si deve buttar via. Cary Grant è molto bravo ed efficace anche in un ruolo fondamentalmente drammatico. Irene Dunne, dal canto suo, era una bravissima attrice anche lei. Sbancava negli anni 30 e 40, ma oggi pochi la conoscono ancora, forse perché la maggioranza dei suoi film sono in bianco e nero, e sappiamo che molti lo vedono come uno spauracchio. Le scene coi bambini sono semplici e commoventi, e non furbe, false, e studiate per strappare la lacrima, come fanno i tv movie di oggi. Proprio divertente, invece, la prima ispezione a sorpresa da parte della donna della fondazione per gli affidi. Insomma, un film da vedere assolutamente, e da cercarsi, perché la cinica tv non ce lo fa vedere.
Il titolo italiano, che è tirato per i capelli.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta