Regia di Rémy Belvaux vedi scheda film
Adesso si parla di mockumentary ma all'epoca una pellicola del genere era un oggetto difficilmente descrivibile che provoca sensazioni contrastanti.
Il serial killer è veramente un personaggio bizzarro, logorroico e per certi versi può incutere simpatia. E' sempre davanti alla macchina da presa che parla in continuazione ma in fondo sappiamo molto poco di lui.
Pensi ai serial killer e subito sei portato ad associare a fantasie sessuali perverse e morbose eppure in apparenza non ha nulla di tutto ciò.
Ciò che lo rende disturbante è questa messa in scena asettica, poco compiaciuta anche nei momenti potenzialmente più forti come la scena dello stupro giocata su registri grotteschi come tutto il film, perchè la personalità debordante di Benoit trascina gli stessi autori da osservatori neutri a fare gruppo con lui stesso, a partecipare.
E' una graduale anestesia che il mezzo di ripresa sia cinematografico che televisivo (geniale l'incontro tra le due troupe) che porta lo spettatore all'indifferenza verso gesti efferati ma che diventano ripetitivi. La verità viene artefatta da una messa in scena ideata da un pazzo con la complicità della crew e anche dal nostro voyerismo.
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