Regia di Diego Olivares vedi scheda film
Realizzato nel 2003 (e visto al Torino Film Festival), I cinghiali di Portici vede ingiustamente solo ora le sale. Non si tratta propriamente di un film sportivo, dato che la classica parabola allenamento-competizione-vittoria non gli interessa. Ma neanche di un educational sulle possibilità di recupero, tramite lo sport, di vite bruciate. Quelle di ex tossici, mariuoli, disadattati vari, ospiti di una (reale) comunità di recupero tra il mare e la ferrovia, a Portici, Napoli. Parlato per lo più in dialetto, con un coro di voci over in presa diretta sulla vita, il film vive dell’umanità amara loro e di Ciro (un ottimo Ninni Bruschetta), cui tocca la “missione impossibile” di tenere insieme la squadra più sbrindellata e bastarda del mondo. Che si allena sulla sabbia, dove l’ovale, come la vita, rimbalza a caso, imprevedibile e difficile. Senza sostenitori, con niente da perdere e tanto rispetto per se stessi da recuperare. Scaraventati nella vita come i cuccioli di cinghiali partoriti nella prima, bellissima sequenza. Olivares, avvocato, ha già filmato un documentario sulla chiusura di un ospedale psichiatrico napoletano (Gli ultimi giorni di Frullone). Cinema ruvido, malinconico, mai alla ricerca del gesto atletico o del finale rassicurante. Tutt’altro.
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