Regia di Russell Mulcahy vedi scheda film
Resterà per me un mistero inesplicabile il fenomeno nato attorno a questo film, con una serie di sequel cinematografici, di spin-off televisivi e persino di un futuro possibile remake all'orizzonte. Esecrabile sotto molti punti di vista, l'aura popolare che il tempo ha finito per conferirgli mi ha tratto in inganno. Confidavo in chissà quale capolavoro da riscoprire e invece mi sono trovato costretto a ricredermi totalmente, giungendo infine a un giudizio all'esatto opposto delle mie aspettative antecedenti la visione.
L'intreccio è interessante come idea e spunto, nei suoi presupposti, ma deludente nella realizzazione. Colpa di una sceneggiatura scadente, che non si preoccupa minimamente dei suoi buchi, non s'impegna nel risolvere la sua ingenuità e prevedibilità di fondo, lascia che diversi passaggi si dimostrino forzati, decade sovente nel non-senso, fallisce miseramente nel restituire personaggi all'altezza, basa i suoi contenuti su dialoghi di una povertà incresciosa. Oltre a ciò, parecchi dubbi sorgono in merito alla formazione del cast. Esemplare è il caso del protagonista, affidato a un insignificante Christopher Lambert (Connor MacLeod / Russell Nash), fiacco e inespressivo, poco dotato tanto di carisma quanto di talento. Oppure si pensi al compenso a una star quale è Sean Connery (Juan Sánchez Villa-Lobos Ramírez), sciupato senza troppi complimenti in una parte che è in fin dei conti ridicola e che si sviluppa appena per una dozzina di minuti. Gli altri attori non sono poi certo posti nelle condizioni di poter brillare per una qualche ragione.
Dell'opera nel suo complesso salvo soltanto l'uso (strumentale) dei suggestivi paesaggi inglesi e scozzesi, inquadrati in tutto il loro splendore per i flashback del XVI secolo, immagini che sono accompagnate da un'appropriata colonna sonora originale composta da Michael Kamen. Funzionali ai frangenti più "rock", in particolare per le vicende ambientate nella New York del 1985, sono inoltre le canzoni dei Queen. Ma tali aspetti non possono comunque essere ritenuti sufficienti a compensare lo scempio e a salvare l'insalvabile. Sconsigliato, perché a mio parere rimane uno scult.
Stando a un'antica leggenda, un certo numero di "immortali" è in circolazione nel mondo e anche a New York ve n'è uno, che fa l'antiquario: è Connor MacLeod, uno scozzese che nel 1536, quale rampollo di una nobile famiglia di un clan di Highlander, lottò contro Kurgan, feroce capo di un clan rivale, restando gravemente ferito. Scacciato per superstizione dagli abitanti del suo villaggio, il giovane conobbe e sposò la bella Heather, finché un giorno Ramirez, un nobile spagnolo (immortale pure lui), gli svelò che sia lui che Kurgan sono della razza che sfida il tempo, destinati tutti, nei secoli a venire, a lottare tra loro, fino alla "Grande Adunanza" dei rarissimi superstiti. Ogni incontro tra i superdotati non può concludersi che con la decapitazione del più debole.
Le musiche composte da Michael Kamen costituiscono l'unico pregio che mi sento di riconoscere. Belle atmosfere. Ricordo inoltre che a esse si aggiunge il contributo di diverse canzoni ad opera dei Queen.
Tutto eccetto la colonna sonora.
Connor MacLeod / Russell Nash. Imbarazzante. Meglio avesse cambiato mestiere.
Brenda Wyatt. Senza infamia e senza lode.
Il Kurgan / Victor Kruger. Molto sopra le righe.
Juan Sánchez Villa-Lobos Ramírez. Come sprecare talento in un ruolo infimo.
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