Regia di Alberto De Martino vedi scheda film
Che si tratti di un racconto di Edgar Allan Poe è piuttosto chiaro: un castello spettrale, una famiglia percorsa da una vena di pazzia, una violenza perennemente in sordina e pronta a esplodere sono fra gli elementi centrali della trama; il rimaneggiamento del materiale originale - probabilmente molto inferiore in quantità - in forma di sceneggiatura per un lungometraggio è opera dei fratelli Corbucci (Sergio e Bruno), di Giovanni Grimaldi e di Natividad Zaro. L'effetto è insomma quello del 'brodo allungato', cioè di un'opera dagli spunti interessanti, ma diluiti nel corso di una pellicola dalla durata comunque non esagerata (neppure un'ora e mezza); De Martino era ancora alle prime armi, ma già in grado di confezionare un prodottino di genere (veniva dal peplum, tutt'altra roba in effetti) e la sua scarsa dimestichezza con l'horror si rivela già dalla decisione di non girarne più per il resto della sua prolifica carriera (al massimo tenterà la carta del thriller nei primi Settanta, cioè quando imperverserà quel filone). A partire dal regista (che si firma Martin Herbert), tutti gli italiani del cast tecnico-artistico utilizzano pseudonimi anglofoni, altra usanza del tempo; particolarmente buffo, ma ineccepibile, è quello di Ombretta Colli: Joan Hills. Fra gli altri interpreti: Helga Liné, Gerard Tichy, Leo Anchoriz e Paco Moran (nomi che lasciano il tempo che trovano, seppure la recitazione non sia malaccio); la coproduzione fra Italia e Spagna spinse il lavoro anche sul mercato internazionale, come era usanza ai tempi. 3/10.
Una ragazza torna al maniero di famiglia dopo essere stata cresciuta in collegio. Ignora però che, al compimento dei 21 anni, un'atroce profezia si dovrà scagliare su di lei.
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