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Horror

Regia di Alberto De Martino vedi scheda film

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La recensione su Horror

di undying
6 stelle

Il repertorio classico del cinema gotico (cigolii di porte, temporali, spifferi di vento, sussurri e grida) viene ottimamente riproposto - in una summa dei cliché - da Alberto De Martino, con in più un vago riferimento (probabile, dato l'anno di realizzazione) ad alcuni titoli AIP diretti da Corman (Sepolto vivo! e I vivi e i morti).

 

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Inghilterra, 1884. In prossimità del suo 21° compleanno, Emily (Ombretta Colli) torna dal collegio - assieme ai compagni di scuola Alice (Irán Eory) e John (Vanni Materassi) - al castello di famiglia abitato dal fratello Roderick Blancheville (Gérard Tichy), l'unico parente stretto rimasto dopo la morte del padre avvenuta in un incendio nella vicina abbazia. Emily nota che molte cose sono cambiate: il garzone, la domestica e persino il medico sono stati sostituiti. L'atmosfera è particolarmente tetra, anche a causa di un forte temporale accompagnato da inquietanti e ripetute urla (scambiate per versi d'animali), tanto che Emily non riesce a prendere sonno. Esplorando il castello, scopre un essere mostruoso in compagnia della domestica Eleonore (Helga Liné), perdendo i sensi. Al risveglio il fratello le confessa una tragica realtà: quell'uomo dal volto deforme è il loro genitore (fuggito durante la notte) che in realtà non è morto nell'incendio, restandone però fisicamente segnato; impazzito di conseguenza e ossessionato da un'antica leggenda alimentata da una profezia incisa sulla tomba di famiglia, secondo la quale "la casata dei Blancheville si estinguerà alla decima generazione, qualora l'ultima discendente femmina superi in vita il 21° anno."

 

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Horror: (da sinistra) Leone Anchóriz, Helga Liné e Gerard Tichy

 

Ispirati da alcuni racconti di Edgar Allan Poe [1] - ma in maggior modo dai precendenti lavori di Roger Corman [2] - Giovanni Grimaldi e Bruno Corbucci scrivono una sceneggiatura che s'inserisce idealmente nel ciclo contemporaneo interpretato da Vincent Price. A maggior ragione, per rendere più credibile l'affiliazione, mutando i nomi dell'intero cast tecnico e artistico sottoforma di pseudonimi inglesi [3]. Per quanto le psicologie dei personaggi siano in parte inverosimili e volutamente accentuate in termini di comportamenti implausibili, Horror può contare sulla solida regia di Alberto De Martino [4], qui praticamente agli esordi dopo una lunga gavetta come aiuto regista, con all'attivo un paio pellicole in costume (peplum e cappa e spada). Risaltano le notevoli location iberiche (si tratta infatti di co-produzione tra Spagna e Italia), i curati costumi di scena e la splendida cinematografia di Alejandro Ulloa, mai statica e che azzarda addirittura, in almeno tre occasioni, movimenti di macchina desueti quasi sempre in circostanza della presenza di Emily: una carellata circolare durante lo svenimento; riprese sfocate e in sovrapposizione che rappresentano un sogno, messo in scena in perfetto stile Corman; l'allucinante soggettiva - che ritornerà con identica impostazione anche ne La corta notte delle bambole di vetro (Aldo Lado, 1972) -  al funerale, con punto di vista nei panni della sepolta viva (chiusa nella bara, con i partecipanti a porle l'ultimo saluto, mentre per quanto cosciente non può reagire). Si aggiungano interpretazioni, se non eccezionali, senz'altro di buona maniera e resta difficile capire perché lo stesso regista non andasse fiero del risultato. 

 

NOTE

 

[1The fall of the house of Usher, A tale of the ragged mountains e Some words with a mummy.

 

[2] Il protagonista ha lo stesso nome (Roderick), oltre a condividere una medesima location (Castello) e identico stato d'animo, di quello interpretato da Vincent Price ne I vivi e morti (1960), mentre tutta la sequenza finale è in forte debito con Sepolto vivo! (1962).

 

[3] A proposito della tendenza dell'epoca sull'uso degli pseudonimi, è interessante ricordare come si espresse Riccardo Freda (precursore dell'usanza, con L'orribile segreto del dott. Hichock,1962):
"Non è che la gente disprezzi questo genere (il fantastico). Diciamo piuttosto che non lo prende sul serio. Considera il fantastico come un genere facile, per imbecilli. È un genere che io ho praticato, del resto ho praticato tutti i generi, e trovo che al contrario è il più delicato. È talmente facile cadere nel ridicolo, far sghignazzare tutta una sala. Quando si riesce a realizzare qualcosa che dà emozioni, voglio dire delle emozioni forti ad una sala, è un risultato notevole. Gli italiani ritengono che questo monopolio (del fantastico) appartenga agli anglosassoni. Mi sono d'altra parte divertito alle proiezioni di L'orribile segreto del dottor Hichcock, le discussioni erano buffe: una parte della sala affermava che lo stile era americano, gli altri sostenevano che era un film inglese."
(Su Midi-Minuit Fantastique n. 7, 1963)

 

[4] Molti anni dopo la realizzazione, De Martino ha definito Horror come "un piccolo film senza importanza".

(Fonte: imdb)

 

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Horror: flano pubblicitario 

 

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"Finora ignoravo cosa fosse il terrore: ormai lo so. È come se una mano di ghiaccio si posasse sul cuore. È come se il cuore palpitasse, fino a schiantarsi, in un vuoto abisso."

(Oscar Wilde)

 

Trailer 

 

F.P. 19/11/2021 - Versione visionata in lingua italiana (durata: 84'29")

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