Regia di Marc Forster vedi scheda film
Diciamo che si lascia vedere. Il problema principale è forse il fatto che il regista si è proposto di riflettere su temi delicati e complessi senza avere tutte le capacità necessarie. Insomma, mi sembra un film ambizioso e un po' al di là delle doti di chi lo ha creato. Il tema sarebbe, credo, quello dello straniamento progressivo da se stessi col quale si può vivere, che fa poi approdare ad una spersonalizzazione dell'individuo, o a una sua divisione interna. Il protagonista, a forza di condurre una vita monotona e senza senso, abitudinaria fino alla paranoia, finisce per vedersi vivere, come se si trattasse di un'altra persona. C'è poi il tema del destino ineluttabile o modificabile; si riflette poi sulla sostanza della creazione letteraria, cioè fino a che punto essa sia finzione e come essa si intersechi con la realtà. Parecchia carne al fuoco, come dicevo, e tutti pezzi grossi con l'osso. Stranamente l'attore meno efficace e più inespressivo è secondo me proprio il protagonista, il cui modo di essere un po' imbambolato fa venire il sospetto che si tratti più di un suo difetto che di un elemento della recitazione e del personaggio. Dustin Hoffmann e gli altri mi pare invece che funzionino, specie l'attrice che interpreta la ragazza pasticciera. Un po' scricchiolante e tirato per i capelli, è comunque un film guardabile.
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