Regia di Peter Bogdanovich vedi scheda film
La storia di Hollywood è piena di scandali, quello legato ad Harvey Weinstein di cui al giorno d'oggi tanto si parla, è solo l'ultimo di una lunghissima serie. Peter Bogdanovich era molto amico di Orson Welles, con cui ebbe molte conversazioni e tra una discussione di cinema e l'altra, Welles raccontò un fatto di cronaca avvenuto durante una festa sullo yatch del magnante pubblicitario William Hearst, sulla misteriosa morte di Thomas Ince, padre del cinema western.
Sull'imbarcazione erano presenti molte celebrità del periodo tra attrici, giornaliste e scrittrici come la diva Marion Davies (Kirsten Dunst), amante segreta di Hearst, Charlie Chaplin (Eddie Izzard), Margaret Livingstone e la giornalista Louella Parsons; eppure nulla trapelò su quello che effettivamente accadde su quello yatch e quindi cominciarono sin da subito a diffondersi varie voci su cosa potesse essere effettivamente successo ed il film ci propone la versione della storia più chiacchierata e quindi presumibilmente vera.
Bogdanovich era fuori dal giro del cinema da circa 7 anni a seguito di vari flop al boteghino dei suoi lavori, così quando si approcciò alla regia di tale opera non potè fare tutto quello che voleva, a cominciare dal colore al posto del bianco e nero confinato solo nel prologo inziale e nella sequenza finale stile cinegiornale (il regista avrebbe voluto girarlo tutto in bianco e nero, ma i produttori si opposero) e quindi per dare un'effettiva aura vintage all'opera, dovette ricorrere a negozi di seconda mano per procurarsi vestiti con colori prevalentemente bianchi o neri.
Partendo dallo spunto iniziale, ciò che effettivamente sembra interessare a Bogdanovich è la descrizione di questo mondo meschino, corrotto, falso e colmo di raccomandazioni del pianeta Hollywood; composto da una vera e propria "casta" di soggetti che vive di regole proprie e non soggette alle normali leggi dei comuni mortali. Và ricordata una cosa però; il singolo non sovrasta mai il sistema; in cima a tutti c'è sempre e soltanto Hollywood; un'entità che governa tutto e tutti, sfruttando chiunque possa magnificarne la grandezza per poi scaricare appena possibile se qualcosa và storto, rinnegando ipocritamente gli elementi moralmente abietti se scoppia uno scandalo (eppure funzionali a questo sistema marcio).
Peter Bogdanovich era un critico ed un regista di belle speranze; la sua idea di cinema era molto più nobile e pura di quella che interessava il mondo di Hollywood, così quest'ultima fatta fronte alla crisi degli anni 70', alla fine del decennio e lungo gli anni 80', cominciò a silenziare registi come Bogdanovich che evidentemente davano fastidio poichè avevano molto da dire facendoli lavorare sempre meno e con condizioni sempre più stringenti. Stavolta il regista non ha alcuna nostalgia verso il passatto seppur riletto in chiave acritica; Hollywood Confidential (2001) è un'opera colma di rabbia e rancore verso un mondo che prima lo ha accolto e poi brutalmente scaricato appena non gli serviva più, poichè Bogdanovich metteva in discussione certe regole non scritte (oltre ai flop, probabile fonte di problemi per il regista fu il suo voler raggiungere un grado di indipendenza maggiore tramite una casa di produzione insieme a Coppola e Friedkin, che i grandi studios di Hollywood temevano, cercando di osteggiarla in tutti i modi).
Fà male vedere certi miti demoliti; se era scontato un Hearst rappresentato negativamente come una sorta di proto-Berlusconi che controllava gran parte dei media dell'epoca (con tanto di amante molto più giovane di lui), in modo da avere una sorta di potere di vita e morte su varie carriere artistiche; il ritratto di Charlie Chaplin è altrettanto negativo, il vagabondo che nei film era portavoce degli ultimi e degli esclusi contro i potenti, nella realtà non era altro che un misero uomo invischiato nelle logiche del potere e preoccupato di non causare scandali data la sua vita sentimentale travagliata (con tanto di amanti minorenni), mentre Louella Parsons si svende al sistema rinnegando la sua missione di giornalista.
Non importa fare giustizia sul morto, l'unica cosa importante è che nessuno venga a sapere la verità e visto che uno scandalo potenzialmente distruttivo delle proprie carriere non conveniva a nessuno nel 1924, meglio fare un glaciale patto di tacita riservatezza e trarre più vantaggi possibili dal fatto accaduto.
Il ritratto filmico forse globalmente è eccessivamente freddo e costruito, perdendosi di tanto in tanto in piccoli fattarelli che interessano molto più al regista massimo conoscitore vivente della vecchia Hollywood, che allo spettatore odierno, però indubbiamente il film alla fine funziona e colpisce nel segno nel dimostrare come alla fine Hollywood ieri come oggi, sia popolata sempre dalla stessa casta che mira a proteggere e preservare sè stessa dalle leggi dei comuni mortali. Purtroppo nonostante qualche recensione positiva da parte della critica americana, al botteghino si rivelò l'ennesimo insuccesso di pubblico per Bogdanovich, costrigendo il regista ad una pausa di oltre 13 anni tornando alla regia solo nel 2014 con Tutto può Accadere a Brodway.
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