Regia di João César Monteiro vedi scheda film
Extreme vague: Monteiro sorpassa da destra ogni sperimentalismo e decreta la morte del cinema nello schermo listato a lutto di questo Biancaneve. La fantasia supera ogni realtà, l’immaginazione non si lascia boicottare dall’immagine: per lo spettatore, vedere Biancaneve equivale esattamente a un’esperienza radiofonica. Solo dialoghi da ascoltare, solo parole lette dagli interpreti, qualche flash di cieli azzurri qua e là, a ritmare la narrazione con un calcolato uso delle pause, e un’apertura inquietante con tre fotografie in rapida sequenza: sono quelle che riprendono il cadavere dello scrittore Robert Walser, autore di questa specie di ‘Biancaneve atto II’, morto d’infarto il giorno di Natale 1956 e ritrovato disteso nella neve dai suoi soccorritori. Il regista, anche autore della ‘sceneggiatura’ (ma è davvero possibile definirla tale?), proveniva dai successi – anche veneziani – di lavori come Ricordi della casa gialla (1989), La commedia di Dio (1995) e Lo sposalizio di Dio (1999), nei quali aveva già ampiamente mostrato il suo innato istinto provocatorio e nevrotico: ma ancora la forma-film rimaneva intatta. In Biancaneve l’autore portoghese si diverte a rinnegare qualsiasi idea di messa in scena, classica o moderna, tirando drastiche conclusioni nell’atto dell’eliminazione – semplicemente – della scena stessa. Chiaramente il valore estetico di un’opera simile è a ridosso dello zero totale, ma alla luce della precedente carriera del regista si possono meglio valutare le sue intenzioni e accordargli una sufficienza ‘honoris’. 6/10.
La favola di Biancaneve prosegue da dove si era interrotta, cioè dall’amore fra il Principe e Biancaneve. La perfida Regina svela il suo piano, Biancaneve – troppo candida e ingenua – non le crede e il Principe si innamora della Regina.
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