Regia di Ulu Grosbard vedi scheda film
“Straight Time”, tempo scaduto, recita il titolo originale. Il desiderio di ricominciare un’esistenza dopo anni di gattabuia, per il vigilato speciale Max Dembo, si trova a dover fare i conti con una realtà diversa, in cui il senso dei cosiddetti “valori” – dovere, giustizia, amicizia, lealtà, non ultimo dignità – sembra essere definitivamente sfumato. A contare sono solo i soldi, non quello che sei, come trapela dalle parole del protagonista: un piccolo delinquente fin dall’infanzia, che però, a dispetto di quanti potrebbero agevolarlo, conserva intatta una sua etica, e non approfitta dell’amore (pulito) con una giovane impiegata, rifiutandone l’aiuto e, nell’epilogo, dandole un rancido addio. Il tempo è scaduto, per Max: quello di ricominciare da zero, trovare un impiego (anche solo superare la prova d’ammissione), riconquistare la lealtà di chi crede suoi amici, amare.
Il tempo è scaduto anche per un certo cinema, che, nella seconda metà degli anni Settanta, si avvia verso una nuova era, tecnologicamente e commercialmente più progredita. Tratto da un romanzo di Edward Bunker, “Vigilato speciale” è uno degli ultimi scampoli di quella cinematografia americana incentrata sulla problematica sociale e sulla definizione dei caratteri, che si lascia guardare con piacere non solo per la tematica trattata (l’indulto e le sue conseguenze, molto prima che la realtà trascendesse la fantasia) e per un efficace crescendo drammatico, ma anche (soprattutto) per la recitazione di interpreti sobri e misurati nel restituire la verità che questo genere di prodotti chiede: nel dar vita a una figura di “dropout” perdente e solitario, poi, Dustin Hoffman è impareggiabile come pochi altri. Se non un capolavoro, un esempio convincente di quel cinema “medio” assente da troppo tempo, lontanissimo dall’enfasi tutta buoni sentimenti dei polpettoni: ricordare che a dirigere è l’Ulu Grosbard de “L’assoluzione” (altra pellicola di attori, più che d’intreccio) e “Chi è Harry Kellerman e perché parla male di me?” (interpretato dallo stesso Hoffman).
Un paio di curiosità: mentre sulla carta il film doveva essere l’esordio di Hoffman dietro la macchina da presa, tra gli sceneggiatori – non accreditato – c’è Michael Mann.
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