Regia di John Waters vedi scheda film
Waters veleggia verso i sessanta eppure non ha alcuna intenzione di mollare: A dirty shame - al 2010 ancora inedito in Italia - concede qualcosettina a Hollywood (gli effetti speciali, non troppi, ed i nomi abbastanza famosi, fra cui spicca il comunque non-hollywoodiano Knoxville, star demenziale di Jackass), ma in definitiva si riallaccia alle sempreverdi tematiche del folle regista di Polyester e di Pink flamingos. Omosessualità, perversioni, linguaggio sboccato, un'America violenta e puritana che nasconde dietro facili slogan ed atteggiamenti irreprensibili la propria voglia di esibirsi e, sostanzialmente, godere in libertà. Ed A dirty shame è un inno al godimento libero e sfrenato - purchè non danneggi nessuno -, che si materializza con uno fra i più classici espedienti della narrativa e del cinema comico, ovvero quello della botta in testa. Impossibile non ridere, impossibile anche non rendersi conto che tutto questo esiste davvero e, per noi italiani soggiogati dal regime invisibile vaticano, la situazione è perfino nettamente peggiore. Coraggioso e testardo, Waters fa ancora centro.
A Baltimora la popolazione è quasi interamente composta di maniaci sessuali; anche un'irreprensibile madre di famiglia batte la testa e diventa una divoratrice di uomini. Conosce così il pervertito Ray Ray ed i suoi amici, scoprendo di essere lei stessa la dodicesima apostola del sesso. La città intanto è in subbuglio per una protesta dei 'neutri', le poche persone non deviate che chiedono ai parafiliaci di smetterla di ossessionarli.
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