Regia di Benoît Jacquot vedi scheda film
Dopo aver scontato alcuni mesi di carcere per corruzione, l’ imprenditore Grégoire Jeancour viene rimesso in libertà. Tornato a casa, ritrova la moglie e il figlio, nonché il fratello Louis, animatore televisivo di successo. Grégoire è radicalmente cambiato e parla pochissimo. I suoi faticano a riconoscerlo. Trama senza sussulti per un film di grande spessore, fondato sui dialoghi e senza tempi morti. Alla sua riuscita concorre soprattutto il tris d’assi scelto dall’autore per interpretarlo. Fabrice Luchini offre l’ennesima prestazione da fuoriclasse della recitazione, dando vita ad una specie di « Idiota » alla Dostoevsky, presente e attonito, fine osservatore e uomo distaccato dalla realtà. A dispetto della qualità dei dialoghi, il protagonista parla più con sguardi e silenzi che con le parole. Impressionante! Il film gira essenzialmente intorno a lui, ma è affiancato da due comprimari tutt’altro che inferiori. Vincent Lindon si cala con precisione e naturalezza nel ruolo di Louis, il fratello conduttore televisivo dalla vita meno ingarbugliata, ma con un complesso d’inferiorità nei confronti di Grégoire, il fratello maggiore dirigente d’azienda, fiore all’occhiello della famiglia nonostante le traversie giuridiche che lo hanno visto coinvolto. Poi, c’è lei, Agnès, moglie di Grégoire, impersonata da Isabelle Huppert. La sua presenza buca come sempre lo schermo, ma avrei preferito che il suo personaggio fosse maggiormente approfondito. La sua parte occupa troppo poco spazio nella vicenda. L’attrice è perfetta. Unico neo di una piccola opera che meriterebbe maggiore esposizione.
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