CIAK MI GIRANO LE CRITICHE DI DIOMEDE917: MEMORIE DI UN ASSASSINO
Tra le cose positive del successo mondiale di Parasite (Palma d’Oro a Cannes e 4 Oscar) c’è stato quello di far uscire nei circuiti cinematografici italiani quello che per molti resta il capolavoro di Bong Joon Ho, Memorie di un assassino un film datato addirittura 2003.
Il film trae spunto dalle gesta e il clima di terrore creato dal primo Serial Killer Sudcoreano Lee Choon-jae il quale nel 2019 confessò l’omicidio di 10 donne tra il 1986 e il 1991.
Memorie di un assassino non sbatte il Mostro in prima pagina, ma lo relega in seconda linea. E’ un fantasma, un’ossessione.
Il film racconta del percorso quasi compulsivo dei due agenti di polizia incaricati di trovare il colpevole e disposti a qualsiasi mezzo e a qualsiasi trucchetto al limite della legalità pur di impedire altri omicidi.
Percorso che avrà rispercussioni sia nella loro vita di tutti i giorni che nella loro psiche.
In molti ci hanno visto tracce del cinema di David Fincher tipo Seven e Zodiac (paradossalmente Zodiac è successivo a Memorie di un assassino): la caccia all’uomo molto cerebrale, due poliziotti decisamente agli antipodi caratterialmente parlando e soprattutto l’ambientazione. Questa pioggia battente preludio di omicidi atroci in contrasto con le campagne coreane assolate. I contrasti tra il nero Buio e il giallo grano.
Memorie di un assassino oltre a essere un ottimo poliziesco racconta la società coreana attraverso la paura collettiva che questo Serial Killer creò. Una situazione che in Italia abbiamo vissuto con i delitti del Mostro di Firenze.
La Corea del Sud raccontata da Bong Joon Ho è composta da poliziotti violenti e con metodi militari, che ti torturano sia fisicamente che psicologicamente pur di estorcerti una confessione. E’ una Corea molto povera, molto squallida e soprattutto molto spoglia sia come ambientazione che nei sentimenti dei personaggi che la popolano.
E nei due poliziotti che svolgono le indagini c’è tutta la differenza tra la mentalità metropolitana di Seul e quella di campagna dove il serial killer opera.
Ma sarà questa ossessione che unirà per sempre i due poliziotti con il loro carnefice, perché la verà forza di Memorie di un assassino è nel rappresentare il demone che si nasconde dentro di noi.
Bong Joon Ho è abilissimo a rappresentare le paranoie che si annidano in una canzone trasmessa alla radio durante un giorno di pioggia, paranoie che ti accompagneranno per tutta la vita che ti fanno vedere il mostro in ogni cosa che ti circonda.
Ma come ci dice l’amarissimo finale il male si nasconde dietro una persona comune dalla faccia normale che ti costringerà a vivere dentro il tombino della fognatura dove tutto ha avuto inizio.
Senza sapere se avrà una fine.
Voto 8
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