Regia di Joon-ho Bong vedi scheda film
Il cadavere di una donna viene ritrovato in un fosso, al lato di una stradina di campagna. La polizia locale si impegna nelle indagini, due poliziotti iniziano le ricerche, a loro se ne aggiungerà poi un terzo. Verranno trattenuti alcuni presunti colpevoli, prima un idiota, poi un pervertito. I metodi degli interrogatori sono brutali, la polizia sembra più interessata a trovare subito un capro espiatorio piuttosto che il vero colpevole, gli omicidi continuano, nei giorni di pioggia, donne con un vestito rosso, una musica trasmessa alla radio ogni volta che si compie un assassinio. Bong Joon-ho fa crescere molto lentamente la tensione tramite le frustrazioni dei poliziotti incaricati dell’indagine e la loro inadeguatezza a risolvere il caso, intorno a loro le immagini di un Paese grottesco e alla deriva, le esercitazioni imposte dallo Stato, le manifestazioni degli studenti, la violenza che esplode dentro i commissariati. Il regista sgretola i metodi investigativi della polizia attraverso l’uso della comicità, non si sa che tracce seguire e quando se ne scopre una nuova ci si crede ciecamente come solo gli stupidi sanno fare, resta quindi una stasi angosciante e l’impossibilità di trovare soluzioni razionali a quanto accade, rimarranno chiusi nella mente dell’assassino i motivi e i gesti rituali dei suoi omicidi, non ci sarà spazio per nessuna spiegazione, i fatti si perderanno nella memoria, un epilogo a testimonianza di quanto è accaduto e poi uno sguardo in macchina che contiene tutta l’incredulità e lo smarrimento di chi non sa più spiegarsi il mondo in cui vive.
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