Regia di Hans Weingartner vedi scheda film
Il rumore bianco(Das Weisse Rauschen) è l’ultimo trip.
Questo è un film su un malato di schizofrenia.Niente abbellimenti,niente storie d’amore da far consumare all’istante per non colpire troppo il pubblico troppo puro di cuore e che si emoziona solo con i sentimenti sparati ad alzo zero.Solo il progredire di un disagio che gradualmente entrerà e scardinerà vita e affetti del giovane protagonista Lukas.
E la malattia mentale entrerà ancora più subdolamente nella vita del ragazzo e della sorella che lo ospita a Colonia perché arriverà sotto mentite spoglie.Lukas è un ragazzo allegro,di compagnia,magari un po’ ingenuo,ma è uno che si vuole divertire come tutti quelli della sua età.Arrivato dalla sorella assapora la libertà di lei che abita col suo ragazzo.Serate in libertà,droghe,fumo da bong giganteschi,risate,alcol a fiumi.
Poi cominciano le prime avvisaglie che c’è qualcosa che non va nel ragazzo.
All’inizio pensano che abbia esagerato con le droghe ma il responso medico è inappellabile.Le voci che sente Lukas gli altri non le sentono:diventano la sua guida,una colonna sonora costante che ha il potere di divaricare la realtà tangibile dal suo mondo di sensazioni,di suoni,di cacofonie e di parole che si ammassano alla rinfusa nella sua mente.
Pur migliorato dopo un ricovero coatto alla fine per sentire meglio quelle voci che erano attenuate dalla terapia decide di non prendere più farmaci.Tenta il suicidio ma viene salvato da una specie di comune di hippies che se ne va in giro per l’Europa,fino in Spagna per la precisione.
Ma anche qui le voci determinano il suo isolamento.In riva al mare.
E’un film fatto con pochi fondi ma che riesce a descrivere la malattia mentale da cui è affetto il protagonista in modo plausibile evitando un incongrua spettacolarizzazione,aderendo il più possibile alla realtà.La schizofrenia è una malattia che isola dal mondo e che ha il potere anche di scompaginare gli affetti familiari più stretti.E’un disagio continuo che non può essere compreso a fondo da chi non ne soffre.Gli schizofrenici vengono superficialmente etichettati come matti e lasciati al loro destino.Ma non è così.
Il film è riuscito anche grazie alla superba prova del giovane Daniel Bruhl che in un ruolo come questo(in cui è facile debordare nella caricatura e nella sottolineatura eccessiva) riesce a essere credibile e doloroso.
Perché da questo film trasuda soprattutto il dolore di chi soffre di una tale malattia che è come una campana di vetro infrangibile che lo divide da tutto ciò che lo circonda.
Non sarà un capolavoro ma è un film appassionato e credibile.Un inconsueto ritratto di disagio giovanile.
tanta cinepresa a mano,anche digitale per pedinare i suoi attori
brava
prova eccellente
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