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Quelque chose d'organique

Regia di Bertrand Bonello vedi scheda film

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La recensione su Quelque chose d'organique

di alan smithee
6 stelle

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Primo lungometraggio di Bertrando Bonello, che come spesso accadrà in seguito, si occupa di tutta la realizzazione tecnica del film, persino delle musiche.

L’azione di svolge a Montreal: una coppia, Paul e Marguerite, convive da oltre cinque anni: lui è uno dei guardiani dello zoo, ha a suo carico pure un padre anziano di origine greca che ancora appare restio ad esprimersi con l’etimologia del paese che lo ospita, ed un figlio di circa dieci anni, che soffre di una rara malformazione che lo vede spesso sottoporsi ad accertamenti medici.

Il menage della coppia, in qualche modo affiatata, prevede che quando lui rientra a casa nottetempo, lei invece esca e vaghi per la città, alla ricerca ogni volta di emozioni nuove: incontri occasionali di tipo sessuale, situazioni scabrose o poco chiare che ci fanno capire che la donna risenta di disturbi psichici piuttosto incontenibili.

La morte improvvisa e senza spiegazione del figlio, non farà che accrescere questo sentimento di irrisolto all’interno della coppia, che mai si detesta, mai litiga o si rinfaccia reciproche infedeltà: più semplicemente si lascia vivere, rispettando un comportamento neutrale che non si differenzia molto da quello di uno qualsiasi degli animali che vivono inerti e allo stretto nello zoo in cui lavora Paul.

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Spesso i film di Bonello appaiono demoralizzanti, duri, spietati, tendenti a mostrarci il lato più meccanico ed insensibile di ognuno di noi, che con l’inerzia e la mancata presa di posizione, rende i protagonisti delle sue vicende come degli automi paralizzati di fronte all’inevitabilità degli accadimenti: quasi come se le persone, rese incolori dalla tragedia di vivere un’esistenza grigia ed irrisolta, si predisponessero al peggio azzerando ogni pulsione ed ogni istinto a salvaguardarsi, magari trovando la soluzione più conveniente e favorevole.

Girato in sole tre settimane e con un budget da centomila euro, il film, per stessa ammissione del suo autore, è stato concepito partendo dal suo titolo: trattare una materia viva, organica appunto, che si porti dietro l'odore "animale" (e in questo senso lo zoo e la sua vcinanza non sono affatto casuali) che ci appartiene in quanto specie vivente.

Il film inizia con due immagini opposte e risolutive: una coppia giovane che si bacia, e poco dopo i due separati in due letti diversi: sprazzi di materia celebrale di lei immobile, e la circostanza che lui impugni un'arma, ci inducono a pensare e a trarre conclusioni che in seguito il regista non ci mostrerà mai più, avendoci già anticipato un finale agghiacciante ma inesorabile.

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Fondamentali per il film i due attori protagonisti, all’epoca giovani e in ascesa: Romane Bohringer, imparata a conoscere in atmosfere raggelate pure quelle, ma ravvivate da una sessualità sempre pericolosa ma più “umana”, nel di poco precedente “Le notti selvagge”, film simbolo e testimone del contagio terminale da Aids; e Laurent Lucas, che tornerà assieme a Bonello con Tiresia, volto corrugato e pensieroso che si è sempre prestato anche in seguito a ruoli e personaggi inquieti e rabbuiati, tetri e vittime di un destino avverso o macabro.

Attraverso atmosfere raggelate, complice anche l’ambientazione geograficamente bigia di una Montreal invernale che comunica gelo fisico e morale, Bonello dipinge tratti essenziali di personaggi ambigui lasciandoli poi abbandonati a loro stessi, senza volerci fornire spiegazioni né conclusioni in merito: creando un certo senso di frustrazione e di irrisolutezza nello spettatore, un clima inquieto dove regna l’indefinitezza che lascia il pubblico spiazzato da una totale mancanza di coerenza narrativa che lo indica a trovare spiegazioni o soluzioni di fondo.

Un’anatomia d’amore, sviscerato e messo a nudo con la freddezza cosciente di un’autopsia eseguita su freddo tavolo da obitorio.

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