Regia di Arnaud Desplechin vedi scheda film
Prima confessione di uno dei due alter ego cinematografici di Arnaud Desplechin (entrambi interpretati dal suo attore feticcio Mathieu Amalric), ovvero Paul Dedalus (l’altro è Ismaël Vuillard già protagonista di Rois et Reine e che ritroveremo in Les Fantômes d’Ismaël di prossima uscita) questa volta durante una seduta psichiatrica (la seconda confessione presso la polizia doganale è alla base del bellissimo Trois souvenirs de ma jeunesse dello scorso anno).
Una voce fuori campo (quella dello psichiatra che espone il caso?) ci introduce al personaggio, dando seguito ad un fiume di eventi e personaggi (il film sfiora le tre ore) secondo la non struttura del brainstorming sul lettino d’analisi. E il fatto che gli eventi siano frutto di un "punto di vista" ne giustifica i paradossi (alcuni personaggi sfiorano il macchiettistico, quali l’ex amico e nuovo collega in carriera con tanto di scimmia Frédéric Rabier, il conoscente che ogni volta che lo saluta gli tiene ossessivamente la mano ampiamente oltre il lecito e la nuova fiamma crudele che lo circuisce con tanto di corna luciferine) e le esasperazioni (il protagonista, che non riesce ad uscire da un impasse della sua vita, si blocca anche fisicamente, la sua ex Esther, che non riesce a sopportare la fine della loro relazione, blocca inconsciamente le proprie mestruazioni, per riacquisirle una volta accettata la perdita).
Un film che alterna dramma e commedia con classe e grande senso registico, aiutato nella riuscita dal suo ottimo protagonista (Mathieu Amalric che per questo film ha vinto il Cesar come migliore promessa maschile, promessa ampiamente mantenuta).
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