Regia di Henry Koster vedi scheda film
Opera tratta da una piece teatrale di enorme successo e vincitrice del Premio Pulitzer, con un terzetto perfetto costituito da Henry Koster in regia, un amabile sognatore James Stewart (candidato all’Oscar) e Josephine Hull (premiata con l’Oscar e che aveva già interpretato il ruolo a teatro) a contendergli la scena.
Un film “di una volta” ma che è sempre utile guardare per capire come si realizza una commedia, questo al di là che il soggetto possa entusiasmare o meno.
La signora Veta Louise (Josephine Hull) vuole maritare sua figlia, ma il suo impegno viene vanificato da suo fratello Elwood P. Dowd (James Stewart) considerato fuori di senno.
Infatti è convinto di avere al suo fianco un enorme coniglio bianco invisibile agli altri tanto che ad un certo punto Veta si convince a farlo internare in una clinica psichiatrica.
Finirà lei stessa per essere considerata matta, ma soprattutto la reale percezione della creatura viene messa in dubbio da fatti razionalmente inspiegabili.
Se non tutti, in tanti hanno avuto da piccoli un amico immaginario, una sorta di confidente; diverso è se ciò avviene da adulti, ma poi siamo davvero sicuri che la persona dileggiata per questo al punto di essere considerata suonata lo sia sul serio?
Da questo assunto si snoda una commedia dai tempi perfetti, con finale dolce e poetico, scandita con gran tocco da Henry Koster; una commedia classica, con un’esposizione semplice, ma incredibilmente fluida con la figura di Harvey che prende gradualmente forma nell’invisibilità; è infatti un “Puka” uno spirito amico che sta al fianco del protagonista che a sua volta viene rappresentato, con delicatezza ed attenzione, come un alcolista che trascorre le sue giornate caracollando tra un bar e l’altro, il che oltre ad essere una scelta ardita per i tempi aiuta a mantenere vive più a lungo delle convinzioni ed a reggere successivamente il dubbio su come stiano le cose.
Il retrogusto fantasioso si fa comunque sempre più vivo, gli equivoci ed incidenti di percorso aumentano scivolando volutamente nel paradossale e chiaramente non manca la morale per cui occorre guardare al di là dei propri occhi, aprirsi (ed aprirli) ma soprattutto non far finta di niente quando si nota qualcosa di insolito solo per paura di essere considerati anormali.
Bravissimi gli interpreti, James Stewart chiamato ad interloquire col vuoto e quindi ad apparire stralunato è spettacolare, strepitosa Josephine Hull con più di un dilemma sul groppone, mentre Jesse White, l’infermiere dai modi aspri, fornisce sfumature differenti e complementari.
Una commedia dunque da osservare con attenzione, che si potrebbe già definire riuscita per le composizioni delle inquadrature con i personaggi che entrano ed escono dalla scena con armonia, direi ad orologeria, il che consente di scatenare gags anche irresistibili, senza scordarsi l’attitudine degli interpreti ai rispettivi ruoli ed un significato che si fa man mano più evidente.
Tra realtà e fantasia.
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