Regia di Henry Koster vedi scheda film
Tratto dalla omonima commedia di Mary Chase, che viene impiegata anche nella sceneggiatura del film, comincia con una battuta (“non c’è giorno che non sia bello”) che subito ci immerge nel mondo di Franck Capra. L’opera poetica, divertente non è una favola ma contiene un significato più profondo, graffiante. E’ lo scontro tra una società cinica, calcolatrice, ipocrita, benpensante ed un tranquillo, garbato, ospitale ed affascinante signore di mezza età che dopo aver lottato con la realtà alla fine è diventato felice, uscendone, con l’aiuto di una grosso coniglio bianco (Harvey), invisibile a tutti, ma ben presente, personaggio a pieno titolo, suo confidente, capace di rincuorare, incoraggiare, di dare consigli, un vero amico che Elwood si ostina a presentare a tutti. Per questo suo stravagante comportamento rappresenta un obbiettivo ed una minaccia da neutralizzare come corpo estraneo nella società. Di qui il tentativo di rinchiuderlo in una casa di cure mentali ove dopo numerosi ed esilaranti situazioni e di frenetici dialoghi ricchi di divertenti ma anche profonde considerazioni, il suo comportamento, caratterizzato da una disarmante estraneità dai problemi e la sua gentilezza, viene alla fine condiviso ed accettato. Il regista trasporta integralmente il testo (difficile e col rischio di cadere nel banale o nel melenso) della pièce teatrale impiegando anche gli stessi attori che hanno rappresentato l’opera sui palcoscenici anglosassoni e con mano decisa e coerente la propone in versione cinematografica con felice esecuzione, svolgimento e ritmo senza freni e grande densità. La vicenda non ha perso il suo vigore ed il suo respiro neanche se raffrontata con i giorni nostri, ove tutti avremmo bisogno di un vero amico, magari un Pooka (“non si hanno mai troppi amici”). Tutto il cast si presta ad una interpretazione ottimale per il supporto ai due grandiosi protagonisti: James Stewart (che in una intervista in tarda età dichiarò che questo film fu il suo preferito) e Josephine Hull (una delle ziette di “Arsenico e vecchi merletti”) che, per la prestazione ricevette l’Oscar come migliore attrice non protagonista. Fotografia e montaggio decisamente buoni. Musica di Frank Skinner ben dosata. Una curiosità: Spielberg alla fine del 2009 rinunciò a realizzare un remake. Voto 9
Compito difficile riassumere un'opera apparentemente semplice ed invece complessa. Preferisco limitarmi alla definizione di "Pooka": nome celtico, mitologico indicante una creatura molto grande, gentile, con poteri extra, ma anche spesso birbacciona
Allegra e confacente, non invadente ma supportante
nulla
Aiutato sia dalla sceneggiatrice Mary Chase, sia da attori straordinari che già avevano recitato nella pièce a teatro, riesce a confezionare una grande opera
Eccezionale interpretazione, forse la sua migliore od almeno quella a cui lui stesso era più affezionato e nella quale, con la sua perenne aria naturale da sognatore, si era calato con maggiore istintività
Fantastica, ottima interprete di un personaggio apparentemente perbenista, ma che in fondo rivela una grande umanità
Decisamente buona la sua interpretazione della zitella anelante una sistemazione matrimoniale e dal nome impossibile: Myrtle Mae
L'ispido direttore della casa di cura, che, come tutti gli psichiatri, ha un sogno "ardito" nel cassetto e che ritiene indispensabile l'aiuto di un Pooka, della cui esistenza alla fine comincia a credere
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