Regia di Géla Babluani vedi scheda film
E così quasi per caso mi capitano sotto le mani due film georgiani nello spazio di soli 3 mesi.
E se già 247° F era un thrillerino abbastanza discreto, anche se solo per appassionati, questo 13-Tzameti (che significa 13...) è di tutt'altra pasta, niente da dire.
In realtà la produzione è francese perchè il regista, Babluani, si trasferì dai mangiarane giovanissimo.
Ma tant'è.
Girato in bianco e nero Tzameti ha almeno 3 punti di forza.
Il primo è quello di mischiare un'atmosfera noir anni 50 (la prima mezz'ora nella quale si sprecano gli stilemi del giallo, dalle facce losche al suicidio inaspettato, dai dettagli -ad esempio la lettera che vola via- all'uso del bianco e nero, dalla lentezza della narrazione all'assoluta incapacità di capire il quadro generale) con un'intera parte centrale che strizza invece molto l'occhio al cinema sadico moderno, non tanto quello dei torture, da cui Tzameti di discosta totalmente, ma comunque ad una certa tendenza del cinema di genere degli ultimi anni, quella in cui il cinismo, la morte, l'inumanità sono presenti una volta sì e l'altra pure.
Molto interessante poi è la scelta narrativa per la quale noi spettatori scopriamo le cose insieme al protagonista, assolutamente ignaro di dove quel biglietto ferroviario e quella promessa di un mucchio di soldi lo porteranno. Se vogliamo è una specie di trucco alla Old Boy ma ancora più accentuato perchè qua, davvero, noi non vediamo e sappiamo nulla finchè non lo vede e lo sa Sebastien, il giovane operaio catapultatosi, suo malgrado, in un terribile gioco di morte.
Notevole poi la fotografia (ovvio che il b/n dà sempre quel qualcosa in più) e la regia che senza tanti virtuosismi riesce comunque a muoversi e raccontare perfettamente il piccolo luogo nel quale si svolge la mattanza. Ad esempio ho trovato straordinaria la panoramica circolare che tiene come baricentro la lampadina e scivola piano piano sui volti dei concorrenti, stupenda.
Non tutto è perfetto. La prima parte è sì affascinante ma manca un pò di ritmo restando troppo ferma su sè stessa. Tutta la parte del "gioco" d morte è straordinaria ma è innegabile non ritenerla prevedibile, duello su duello. Di solito queste piccole produzioni nascondono all'interno dei piccoli colpi di genio, dei tentativi di ribaltare completamente la narrazione che ci si aspetta, classica. Invece qua no, si ripetono 3 duelli completamente uguali uno all'altro senza quella genialata che mi aspettavo (poteva essere qualsiasi cosa, il suicidio di un concorrente, uno che infrangeva le regole, una truffa, il fratello che uccideva l'altro, la morte del protagonista persino etc...).
Babluani invece va sul sicuro, gira un piccolo gioiellino che non vuole sorprendere ma soltanto portare piano piano lo spettatore dentro le vicende.
Anche se quel mastodontico fratello che in entrambi i duelli finali preme il grilletto per secondo un pò fa pensare, impossibile che uno con la sua esperienza si lasci anticipare così. Probabilmente c'è la voglia di farla finita, di sfidare la sorte ancora di più, di non darla vinta ancora al proprio fratello.
Da apprezzare, anche se un pò inverosimile, l'assenza assoluta di gore, di sangue e dettagli macabri.
Come sempre nel cinema francese, attori eccellenti.
E il finale (che poi sarà un pò richiamato 5 anni dopo nel bellissimo Drive) è senz'altro riuscito.
Un finale di losers con un omicidio che si rivelerà inutile e con un giovane ragazzo che ha percorso un calvario incredibile senza, molto probabilmente, vedere poi la luce.
Quasi totale l'assenza di tematiche e neanche gigantesca l'empatia con il personaggio, di cui sono riuscito a condividerne il dolore solo nel finale. Ma uno straordinario esempio di piccolo cinema di qualità.
Peccato che poi Babluani abbia fatto il remake al soldo degli americani.
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