Regia di Géla Babluani vedi scheda film
Spiazza il numero tredici: per qualcuno è fortunato, per altri no. In un mondo senza scampo come quello del noir il dubbio dura poco. All’inizio porta bene, ma poi sei fregato lo stesso. Simboli, spettri, icone di un genere che cerca la sua modernità. 13 - Tzameti, del francese di origine georgiana Géla Babluani, racconta di un giovane lattoniere che per caso si sostituisce a un truand morto di overdose per non si sa bene quale affare. Come in una partitura blues, il ragazzo deve solo presentarsi al crocicchio e mostrare il numero fatidico. Accompagnato in una remota località, scopre suo malgrado la macchinazione. È il tredicesimo partecipante a una roulette russa circolare: punti la pistola alla nuca di chi ti sta davanti. Ai sopravvissuti - e ai ricchi annoiati che scommettono su di loro - molti soldi. Ma la mitologia del fallimento ha le sue regole, e anche i vincitori rischiano. Asciuttissimo, con un bianco e nero che nelle intenzioni guarda più a Ejzenstejn che a Melville, il film di Babluani è gelido come una lama di pugnale, eppure non dimentica un certo umanesimo di fondo, per non indurci nella tentazione di pensare ai personaggi come a dei numeri. Quasi un Hostel in versione polar, o un Non si uccidono così anche i cavalli? ma ambientato nel milieu. Intenso il protagonista Georges, fratello del regista, e strepitoso come al solito Aurélien Recoing.
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