Regia di Terry Gilliam vedi scheda film
«Salve, sono Terry Gilliam e ho una confessione da fare. A molti di voi questo film non piacerà. Molti, per fortuna, lo ameranno. E poi ci sono molti altri che quando finirà non sapranno che pensare. Ma la speranza è che vi faccia pensare. Mi spiego: il film è visto attraverso gli occhi di un bambino. Se è scioccante è perché è innocente. Quindi vi suggerisco di provare a dimenticare tutto quello che avete imparato da adulti: le cose che limitano la vostra visione del mondo, le vostre paure, i vostri pregiudizi, i vostri preconcetti. Provate a riscoprire cosa vuol dire essere un bambino con un senso di meraviglia ed innocenza. E non dimenticate di ridere. Ricordate che i bambini sono forti, svegli, destinati a sopravvivere, quando li fai cadere tendono a rialzarsi. Avevo 64 anni quando ho realizzato questo film, credo di aver finalmente scoperto il bambino che è dentro di me. Si è rivelato essere una ragazzina... Grazie. Grazie. Grazie».
Quella qui riportata è la trascrizione del videomessaggio col quale Terry Gilliam ha voluto introdurre il suo film nella versione per l'home video. Un brano breve ma affatto scontato che, lontano dalla sterile autocelebrazione, presenta Tideland per quello che è: un film difficile, non per tutti, che, profondamente distante dallo stereotipo del cinema per bambini per via del registro macabro e barocco, vero e proprio marchio di fabbrica del regista, cala il bambino in un'atmosfera funerea immergendolo tra paure ancestrali, e chiede all'adulto, per apprezzarlo fino in fondo, una poderosa regressione a quella fase della vita ancora priva di sovrastrutture che è l'infanzia.
La protagonista del film è la piccola Jeliza-Rose, e a soli 10 anni è già un'infermiera provetta, perché da tempo a casa è lei ad occuparsi di preparare le dosi di eroina a mamma e papà e, all'occorrenza, di iniettargliele in vena. Da sempre rinchiusa in questo microcosmo deviato, Jeliza-Rose cerca dentro di sé gli strumenti per poter aspirare a qualcosa di diverso. La madre ha per lei solo insulti e grida, che provvidenzialmente interrompe al momento del bisogno, mentre il padre, pur non violento, è umanamente mediocre e maledettamente volgare, troppo preso a farneticare su un irrealizzabile viaggio nello Jutland, e troppo perso dietro ai propri trip lisergici per poterle dare ascolto. Priva di amici e con genitori di questa risma, Jeliza-Rose si chiude in sé stessa, rifugiandosi nella lettura e nella fantasia. Ma la sua situazione, già tragica, è destinata a precipitare quando, in rapida successione, muoiono prima la madre, stroncata da un infarto sul proprio letto, poi il padre, di overdose, qualche giorno dopo, non prima però d'essersi trasferito con la bambina alla fattoria della defunta nonna.
Quelli fin qui esposti sono solo i primi 20 minuti di un film commovente e perverso, allucinato e sincero, una fiaba nerissima e malata che trascina e sconvolge proponendosi al contempo come un personalissimo inno alla fantasia. Jeliza-Rose legge Alice nel Paese delle Meraviglie di Lewis Carroll e lo riscrive nella sua testa, dando vita ad un mondo incantato ma profondamente oscuro, un mondo ad altezza di bambino in cui le lucciole sono delle fate e gli scoiattoli parlano, un mondo in cui, in mancanza di esseri umani, si può far amicizia con 4 teste di bambole infilate sulle dita. Nella nuova realtà distorta di Jeliza-Rose si inseriscono gli strani vicini di casa: l'imbalsamatrice Dell, inquietante donna cieca da un occhio e ossessivamente terrorizzata dalle api, e suo fratello Dickens, un ragazzo disturbato e gentile soggetto a epilessia. A fronte del timore nei confronti della donna, da lei percepita come una sorta di strega, Jeliza-Rose troverà in Dickens il suo primo vero amico, anche lui con una propria visione privata del mondo, quella secondo cui i campi di grano sono fatti per nuotare e le baracche disabitate diventano sottomarini con nomi di donna. La fantasia di Jeliza-Rose andrà così ad incastrarsi con quella di Dickens e a cozzare con la realtà (non meno fantasiosa) di Dell, in un susseguirsi di colpi di scena e situazioni al limite.
Tratto dall'omonimo romanzo di Mitch Cullin e diretto con sguardo sbilenco da un Gilliam incontenibile, Tideland è un patchwork di immaginazione e poesia che affascina e ferisce, un'opera fosca e delirante, disturbata e disturbante che affronta temi scabrosi come necrofilia e pedofilia con coraggio e sfrontatezza. Bravi gli attori, strepitosa la piccola Jodelle Ferland nel ruolo della protagonista.
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