Regia di Florence Moncorgé-Gabin vedi scheda film
1950, Normandia. Dopo il salasso umano della Seconda Guerra Mondiale, le campagne hanno bisogno di braccia. Operai e contadini percorrono il paese mettendosi a disposizione delle fattorie in cambio di vitto, alloggio e pochi franchi di retribuzione. Joseph, giovane, forte e di bell’aspetto, ma analfabeta, viene assunto nell’azienda agricola gestita da Monique, energica ultraquarantenne, del cui marito si sono perse le tracce fin dalla capitolazione dell’esercito francese nel 1940. Con lei abitano la figlia Jeanne, insegnante nella scuola di un vicino comune, l’anziana suocera Prudence e Paulo, ragazzo tuttofare. In paese, si vocifera che Monique abbia una relazione con Maurice Lecouvey, proprietario dell’azienda e sindaco del villaggio. Qualche episodio si sarà pure verificato, ma la donna tiene fermamente alla sua autonomia e, soprattutto, comincia a subire il fascino virile del ben più giovane e aitante Joseph. Ne diventa l’amante, pur mantenendo formalmente le distanze da quello che è pur sempre un suo dipendente. Con il passare dei giorni, però, non vede di buon occhio la nascente amicizia tra Joseph e Jeanne, da quando quest’ultima ha deciso di insegnargli a leggere e a scrivere. I due finiscono inevitabilmente tra le braccia l’uno dell’altra. Si va naturalmente incontro ad incresciose conseguenze...
Con la sua prima regia di un lungometraggio, Florence Moncorgé-Gabin, figlia di Jean Gabin, ha scelto di tornare sui luoghi e ai tempi della sua infanzia nella campagna normanna tanto amata da suo padre. La ricostruzione dell’ambiente è impeccabile, meticolosa nella ricerca di oggetti, abbigliamenti, arredamenti rurali, tecniche di lavoro e usi di un’epoca. Questo aspetto del film sembra addirittura prevalere sulla narrazione della vicenda, affidata ad un gruppo di attori che da soli costituiscono una garanzia. Tra questi svetta l’interpretazione di Catherine Frot nel ruolo di Monique. Catherine Frot nelle vesti di donna autoritaria, forte e sicura di sé non è una novità ed è una parte che le calza a pennello. In questo film riesce però a trasmettere contemporaneamente la fragilità di una donna restata senza marito e alle prese con desideri ancora vivi ma certamente condannati in un ambiente ed un’epoca tutt’altro che emancipati. Sensuale e disponibile come non lo era mai stata, si regala una non piccola soddisfazione a cinquant’anni suonati. La coadiuvano a dovere una bravissima Laura Smet, figlia distaccata e rivale, ma soprattutto decisa a non seguire le rurali orme della madre. Il suo sincero, ingenuo e disinteressato innamoramento per il semplice ma onesto contadino analfabeta sa un po’ di acqua di rose, ma rispecchia fedelmente una forma di un romanticismo femminile indotto e accettato passivamente in quel decennio. Perfetta la partecipazione non secondaria di François Berléand, sessantenne sindaco del villaggio, attratto da Monique, ma impotente di fronte al giovane Joseph. Impossibile non segnalarre il personaggio di Angèle (Mathilde Seigner), l’amica di Jeanne, quella che la trascina a desiderare l’abbandono della provincia per trasferirsi in città. Nel suo ambiente, vuole apparire più libera, si concede con una facilità che è anticipazione di quanto accadrà nel decennio successivo. Non ho speso una parola sul co-protagonista del film, Grégori Derangère. Per forza : è l’unico neo del film. Inespressivo, piatto... ma Catherine Frot mette tutto a posto.
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