Regia di Andrzej Munk vedi scheda film
Un’ironica sinfonia in due movimenti, Scherzo alla polacca e Lugubre e Ostinato, per dimostrare la fisiologica impossibilità dell’eroismo, nella libertà come nella schiavitù. L’avvento della guerra non incide sulla natura miserevole degli individui, che rimangono pavidi, sfortunati, pasticcioni come sempre, protagonisti di imprese tragicomiche, i cui nobili intenti si incagliano in un attacco di gelosia, o nell’incontro con una bottiglia di buon vino. L’attaccamento alle proprie abitudini è una passione assai diffusa, che nemmeno la drammaticità di un conflitto mondiale riesce a sradicare; neppure in mezzo alle bombe, e sotto il giogo di un’invasione nemica, la necessità di combattere acquista la forza di un dovere morale o l’impellenza di una necessità vitale. La pigrizia e l’egoismo trionfano perfino nei campi di prigionia, dove l’onore del soldato è un concetto puramente voluttuario, appartenente al mondo delle leggende. Il coraggio è, tutt’al più, un banale termine di sfida, legato alle bravate e alle scommesse, un diversivo in un contesto in cui ciò che conta è dormire, mangiare, bere e trovare un modo per passare il tempo. L’unica ossessione onnipresente è la ricerca di un rifugio, di un letto, di un nascondiglio, di un posto confortevole dove sentirsi tranquilli e a casa propria, ignorando l’ingombrante presenza di un cinico oppressore straniero. In questa storia, in cui un po’ si ride, un po’ si bestemmia, la guerra è una realtà che si svolge da qualche parte là fuori: è universalmente considerata un fastidioso accidente che, al pari di ogni malanno, prima o poi passerà da solo. Ognuno, come al solito, pensa a sé, in un atteggiamento di infingarda negazione della responsabilità, che è la controparte meno nobile e più illusoria di un realistico senso d’impotenza. Sotto l’obiettivo di Andrzej Munk, il sottobosco della storia, nei piccoli come nei grandi eventi, è costituito da una formicolante moltitudine di minuscoli individui, sempre intenti alle loro faccende personali, e geneticamente incapaci di crescere al di sopra della Lilliput della futile quotidianità.
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