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Down in the Valley

Regia di David Jacobson vedi scheda film

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La recensione su Down in the Valley

di maurizio73
4 stelle

Afflitto da uno sconnesso andamento narrativo, da un ritmo mortifero e dalla banalità di dialoghi al limite del demenziale, è un film derivativo che si snoda sul doppio binario metacinematografico di una Valle dell'Eden fuori tempo massimo e di una Sfida all'O.K. Corral tra i fondali posticci di quel che resta di un lontano mito della frontiera.

L'annoiata e ribelle October, con padre poliziotto e fratellino problematico, si innamora del giovane Harlan: eccentrico mandriano sbarcato nella San Fernando Valley per fare il benzinaio e con improbabili ambizioni nel mondo del cinema.
Quando l'autoritario padre della ragazza inizia a mostrare insofferenza per il giovane scapestrato, i due meditano la fuga. Ma qualcosa va' inevitabilmente storto.

 

 

Basta che ci sia un biondino fuori di testa che pratichi il dressage con un puledro non suo ed una tormentata storia d'amore sul percorso accidentato di uno scontato conflitto generazionale, che al Sundance pensano subito al malinteso gioiello di un cinema indipendente da premiare per la classicità dei temi e la freschezza dei giovani interpreti. Purtroppo niente di tutto questo, per il misconosciuto David Jacobson che scrive e dirige la sciatta storia di una gioventù ribelle in trasferta californiana pronta a reagire maldestramente tanto all'infrangersi di sconclusionati sogni di gloria quanto a quelli più terra terra di una improbabile liaison sentimentale. Afflitto da uno sconnesso andamento narrativo, da un ritmo mortifero e dalla banalità di dialoghi al limite del demenziale, è un film derivativo che si snoda sul doppio binario metacinematografico di una Valle dell'Eden fuori tempo massimo e di una Sfida all'O.K. Corral tra i fondali posticci di quel che resta di un lontano mito della frontiera.
Punteggiato dagli intermezzi di un lirismo d'accatto con tanto di inevitabile commento musicale country e agitando lo spettro di una precarietà esistenziale senza capo nè coda, è un film che manca il bersaglio dell'empatia e di una credibile costruzione della tensione, in cui gli stereotipi dei caratteri rappresentati non di rado si abbandonano all'impulsività di azioni incoerenti e contraddittorie (lui quasi uccide la donna che ama giocando a fare il cowboy , si ferisce volontariamente e poi torna sul luogo del delitto per depistare le indagini) e che precipita in un finale pretestuoso e teatrale che neanche la drammaticità dei fatti riesce a salvare dal ridicolo involontario. Il Cavaliere Elettrico di Edward Norton ha una tale faccia da pesce lesso che gli spareresti appena varcata la soglia di casa tua, figurati se volesse concupirti la bella figliola di una Evan Rachel Wood futuribile cowgirl robotica di un Westworld prossimo venturo, soprattutto quando il padre ha la faccia sempre poco raccomandabile di David Morse ed il fratellino Rory Culkin quella di un biondino autistico che sai già farà la fine dello spaurito protagonista di A Perfect World di un decennio prima. Due evitabili camei anche per un Bruce Dern che aveva già cominciato la sua lunga carrellata di personaggi affetti da demenza senile e per il compianto Geoffrey Lewis: caratterista di lusso dagli occhi di ghiaccio freddato sul selciato del suo ultimo spaghetti western.

 

 

Down in the Valley,
Valley so low,
Hang your head over,
Hear the wind blow.
(Traditional)

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