Regia di Roman Coppola vedi scheda film
A fine anni ’60, un regista di fama tenta di districarsi nella elaborata trama del film di fantascienza che sta girando a Parigi, ma la sua ossessione per la protagonista, l’avvenente Dragonfly, lo manda in tilt a tal punto da finire inviso ai produttori, ed allontanato dal set. Al suo posto viene letteralmente catapultato un giovane cineasta americano, giunto nella capitale francese per girare un documentario autobiografico.
Il giovane, letteralmente inghiottito in un turbinio spesso senza senso di parole, episodi grotteschi a tal punto da rendere ininfluente la differenza tra essere sul vaporoso e ovattato set del film, o nella comunque caramellosa realtà quotidiana, perde di vista il suo progetto personale, attirato dagli echi ammalianti della grossa produzione in corso, e viene trascinato in un mondo colorato ed un po’ vuoto fatto di frivolezze, feste sontuose, con pure una lunga parentesi di “dolce vita” romana, che certo non lo aiutano a contribuire a far fare progressi al film, arenato tra le secche di una mancanza di ispirazione a dir poco contagiosa, e finito sotto l’ala seduttiva della splendida Dragonfly, che con la sua avvenenza riesce a portare il personaggio del regista all’interno della storia che si tenta di girare.
L’esordio del figlio e fratello d’arte Roman, omaggio vintage divertito e deivertente alla fiction futurista di fine anni '60, fu accolto con fin troppa diffidenza e freddezza ai tempi ormai lontani della sua uscita sul mercato (fece una comparsa di rilievo con gadgets e manifesti al mercato di Cannes durante il Festival omonimo, ove fu anche presentato Fuori Concorso): si tratta di una rivisitazione brillante, ironica, spiritosa e almeno in parte riuscita, che fa l’occhiolino ai film di fantascienza degli anni ’60, alle ovattate improbabili atmosfere sexy e sadomaso del Barbarella di Vadim, e gioca ad immaginare un 2000 (all’epoca l’anno in corso) plasticoso, ovattato e vintage davvero divertente.
La verve del giovane Coppola è quella pazzerella che l’autore ha poi sviscerato nelle sue goliardiche ulteriori avventure cinematografiche ( l’assurdo e schizzato “A glimpside inside the mind of Charlie Swan III”) e pubblicitarie con Wes Anderson.
Un giochino che assomiglia ad un egocentrico capriccio d’autore, frutto di una coproduzione franco-italo-americana che vede coinvolti attori-star di tutte e tre le provenienze, impegnati in ruoli più o meno fondamentali (il protagonista yanchee Jeremy Davies è affiancato dai francofoni Gerard Depardieu, il regista sfiduciato che sta per abbandonare le redini del progetto, Elodie Bouchez, dai nostri Giancarlo Giannini – produttore associato italiano, caricaturale come si conviene e forse anche di più, Massimo Ghini e persino Silvio (scritto Sylvio) Muccino): tutti eccessivi, schizzati, ma anche. Ognuno a suo modo, efficace a riprodurre quel caotico via vai da set cinematografico, in grado di produrre giochini folli o elaborati capolavori con una commistione a volte casuale di fatti e circostanze.
Splendida ed ironica, nel suo correre ciondolante e stiloso, la bellissima top model (poi scomparsa cinematograficamente dalla circolazione, Angela Lindvall, se si eccettua Kiss kiss, bang bang), bellezza quasi soprannaturale perfetta ad impersonare la conturbante guerriera dello spazio Dragonfly, eroina degli spazi siderali più remoti, perfetta regina disincantata e combattiva della sua ovattata astronave tutta plastica e modernariato più avveniristico.
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